Istanti. La vita è fatta di istanti. E noi, noi sempre in ritardo o in anticipo rispetto a quell’attimo.

E così andiamo avanti perdendo di vista l’attimo in cui l’universo è uguale a sé stesso, cioè infinito.

Tra passato e presente, attese e ricordi, lasciamo che il Tempo abbandoni la curva per distendersi nello Spazio.

Procediamo attaccati alla permanenza, soffiati come fragile vetro, oscillanti come foglie in autunno. Pesanti e leggeri allo stesso tempo, inseguiamo la vita, le corriamo dietro, oppure avanti, mentre lei si prende gioco di noi.

In fondo, tutto, sempre, si gioca sul filo di un istante.

E’ in un istante che ci fa perdere tutto. Ed è sempre in un istante che ci regala tutto.

Mi piace seguire il disegno d’ali degli uccelli nel cielo. Geometrie che cambiano repentine, formando sigilli arcani subitamente rimodellati, e ancora, e ancora.

Senza posa.

Così è la vita, penso. Somiglia a quei disegni mobili in cui in un istante si modifica il verso, la direzione.

Cielo pieno, cielo vuoto. Cielo terso, cielo opaco.

La vita prende e dà, come un’onda sulla sabbia che torna e scompare.

Per questo siamo così ridicoli aggrappati come scimmiette all’albero della nostra certezza.

Basta un istante, un momento soltanto, e le convergenze del destino recheranno  gioia o dolore, pieni o vuoti nell’esistenza.

Come ieri, come quando in un giorno qualsiasi la vita un ragazzo qualsiasi, durante una trasferta qualsiasi,  esplode su una pallottola. Non mi interessa, qui, discettare su ciò che è accaduto, sulle colpe e le negligenze. Mi interessa l’attimo, l’istante in cui qualcuno non ha più avuto nulla, in cui una famiglia si è ritrovata mutilata di un figlio e un altra distrutta dal gesto avventato di un altro figlio.

Mi sono ritrovata a pensare che immaginiamo sempre tutto a compartimenti stagni. La mia mente ha invece posizionato tutte le seguenze in uno schermo ipotetico, sequenze in cui contemporaneamente si muovono e agiscono i portagonisti della vicenda (le madri in vacanza, i poliziotti fermi in auto, la famiglia dei poliziotti che sta passando una banale domenica, il fratello del ragazzo ucciso che a Roma pensa magari alla cena della sera, gli amici dispersi tra stadi e pomeriggi d’ozio….).

Non sono mai separate, le vite nostre. Vederle tutte assieme, anche solo immaginandole, cambia la percezione, trascina in luoghi arcani dove le Moire tagliano e cuciono.

Soprattutto, ci fa rendere conto di come un istante modifichi per sempre la traiettoria di molte esistenze.

Se solo capissimo di essere meno separati gli uni dagli altri, se solo…

Ma siamo qui, a inseguire il passato e il presente come fossimo unici, come se il mondo ruotasse intorno al nostro sole, immersi nella galassia dei nostri attaccamenti.

Eppure alcune volte ci fermiamo e pensiamo al dono segreto di quegli istanti che tutto possono costruire o distruggere.

In fondo la dea Kalì danza sul mondo, e con la sua danza distrugge e crea. Come fanno quegli istanti.

Ecco perché rendersene conto è forse importante.

Ci fa sentire piccoli, insignificanti. Ma anche aperti a ogni possibilità e misteriosi. Un po’ come i sogni.