Mi capita di pensare con nostalgia al baratto. A quel tempo lontano in cui si scambiava ciò di cui si aveva bisogno, e…si viveva.
Si viveva senza la casta del denaro, senza i suoi sacerdoti laidi, i seguaci diffusi come cavallette.
Il tempio delle Banche, oggi, ci ha insegnato a inseguire ciò di cui NON abbiamo bisogno. E a pagarlo tanto, tantissimo.
Così viviamo sempre più pieni (di cose) e più vuoti (d'anima).

Altri decidono le cose di cui abbiamo bisogno, e ne determinano, spesso in modo astruso, il costo.
E noi, noi continuiamo a vivere nella prigione dei Soldi, e ci crediamo liberi, liberi di decidere, di scegliere, liberi di essere. Ma in realtà la nostra vita non è che la pallida ombra di ciò che potremmo "essere" davvero, è un simulacro di carta, la stessa carta di cui sono fatto i dollari, l'euro, lo yen…

Com'era saggio, il baratto. Prendevamo ciò che di cui avevamo bisogno, cedendo un corrispettivo reale, concreto, non esasperato dai valori "aggiunti" di marche, lussi, prestigi inventati.
Una banana in cambio di un'insalata, una stoffa per un barattolo di marmellata, una pecora in cambio di uova…
Si discuteva, si trovava il punto d'incontro per un giusto scambio.

Oggi siamo invece obbligati a considerare il "commercio equo e solidale" un evento, un fatto straordinario, quasi una scheggia impazzita nella "sanità" della nostra economia, una bestia rara in un gregge che procede nella direzione contraria. Eh già, perchè il commercio non è mai equo. E mai solidale. E' egoista, arbitrario, capriccioso.
Crea e distrugge il costo delle cose, ne stabilisce la necessità.
Personalmente, cerco di non farmi truffare dai famosi "valori" aggiunti che giustificano (giustificano?) certi prezzi stellari.
Ma non basta. Non basta.
Non basta in un mondo votato a un'unica liturgia: quella dei soldi.
E penso a com'era bello, una volta, quando si barattava. Quando ancora la merce valeva per quello che era. E, soprattutto, non invadeva con il peso della sua materia la nostra vita, che aveva ancora un che di ineffabile. Sognavamo ancora, un tenpo, un ponte gettato sulle stelle. Un ponte che non si poteva comprare. E neanche barattare.
E chissà, forse un giorno ricominceremo da lì, da quella ricerca. Dall'essenziale, da scambiare e da condividere.
Non cambiare. Scambiare.
I soldi si cambiano. I valori si scambiano.