Eppure, in un certo senso, scrivere è un esercizio terapeutico, una proiezione di desideri inappagati, un surrogato della vita non vissuta e delle azioni non compiute. E per l’ispirazione faccio ricorso alla proposta di Baudelaire nei Diari intimi di "uno studio della grande malattia, l’orrore della propria cosa". Pochi sono al sicuro dalla virulenza di questa infezione, quella forza che ci fa cenno di avvicinarci all’ignoto. Spostarsi elettrizza, restare paralizza. Perché nel simbolo del Viaggio si ritrova il nostro principale dilemma. Dove sta la felicità? Perché il Qui è così insopportabile? Perché il Là è così invitante? Ma perché il Là è più sopportabile del Qui? "Cos’è questa strana malattia" si lamentava Petrarca con il suo giovane segretario, "questa mania di dormire ogni notte in un letto diverso?"

Bruce Chatwin, dai taccuini lasciati alla Bodleyan Library di Oxford.