Sarà banale, ma spesso i bambini insegnano. Io penso di essere cresciuto nella costante intimità con uno scenario preciso: la noia. Non ero più sfigato di altri, era per tutti così. La noia era una componente naturale del tempo che passava. Era un habitat, previsto e apprezzato. Benjamin, ancora lui: la noia è l’uccello incantato che cova l’uovo dell’esperienza. Bello. E il mondo in cui siamo cresciuti al pensava proprio così. Adesso prendete un bambino di oggi e cercate la noia, nella sua vita. Misurate la sensazione di noia che scatta in lui non appena gli rallentate intorno il mondo.

(Alessandro Baricco, i barbari, La Repubblica del 28 luglio 2006)

Vero. Ha ragione, Baricco. Non sempre simpatico, condivisibile, ma sicuramente incisivo e graffiante, quando ci si mette. Perché oggi non ci annoiamo più? Abbiamo perso purtroppo il senso "sacro dell’ozio", quel dolce far niente che cullava però anche la profondità dei pensieri che casualmente affioravano sostando con  lo sguardo su nuvole o monti. Chi non fa nulla non produce, questo è il problema. E se non si produce, non si è. Ecco allora che anche i bambini, oggi, devono allenarsi al "fare" frastornando i neuroni con videogiochi e tv. Attenzione al silenzio e alle sue minacce. Così, eccoli lì sempre indaffarati in un mondo rumoroso, a non dormire senza la tv accesa sul cartone animato o sul telefilm condito da mostri orripilanti (com’era bello, invece, Capitan Harlock) e principesse moderne che in realtà somigliano alle suocere dei nostri incubi. Questi bambini non si grattano più la pancia indagando con occhi curiosi il mondo circostante. Peccato. Peccato perché da adulti somiglieranno a noi, avranno le nostre stesse nevrosi. Vivere è diventato un tic, alla fine. Per tutti.