Con usura nessuno ha una solida casa
di pietra squadrata e liscia
per istoriarne la facciata,
con usura
non v’è chiesa con affreschi di paradiso
harpes et luz
e l’Annunciazione dell’Angelo
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro natura,
il tuo pane sarà staccio vieto
arido come carta,
senza segala né farina di grano duro,
usura appesantisce il tratto,
falsa i confini, con usura
nessuno trova residenza amena.
Si priva lo scalpellino della pietra,
il tessitore del telaio
CON USURA
la lana non giunge al mercato
e le pecore non rendono
peggio della peste è l’usura, spunta
l’ago in mano alle fanciulle
e confonde chi fila. Pietro Lombardo
non si fe’ con usura
Duccio non si fe’ con usura
nè Piero della Francesca o Zuan Bellini
nè fu "La Calunnia" dipinta con usura.
L’Angelico non si fe’ con usura, nè Ambrogio de Praedis,
nessuna chiesa di pietra viva firmata :"Adamo me fecit".
Con usura non sorsero
Saint Trophine e Saint Hilaire,
usura arrugginisce il cesello
arrugginisce arte ed artigiano
tarla la tela nel telaio, nessuno
apprende l ‘arte d’intessere oro nell’ordito;
l’azzurro s’incancrena con usura; non si ricama
in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling
usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane amante
cede il letto a vecchi decrepiti,
si frappone tra giovani sposi
CONTRO NATURA
Ad Eleusi han portato puttane
carogne crapulano
ospiti d’usura.

(Ezra Pound)

 

Non mi interessa se Pound sia di destra o di sinistra. Non mi interessano – davanti all’arte – i colori politici, spesso appiccicati dopo che si è detto, scritto, fatto.

Nel post mortem a ogni artista viene regalata un’aderenza. Vecchia faccenda, quella dell’arte e della politica.

Di Pound ammiro il pensiero lucido, profetico, quel suo frugare nella civiltà moderna per estrarre con malinconica inclinazione i demoni che si agitano nei sotterranei.

L’economia come male moderno, il sistema bancario come luogo di indebitamento che consente il progresso di una società (progresso che, mentre lei progredisce, al rende più schiava, più indebitata, in  un gioco perverso su cui si fonda il monderno benessere, il consumo che chiama consumo), il recupero della natura come luogo arcaico, spirituale che conserva le radici dell’essere. Questo, io amo in Pound.

Non mi stupisce dunque rivedere in televisione un estratto del famoso incontro con Pasolini. Due uomini uniti dal potere del mito, Pound innamorato dall’America dei pionieri, dei padri fondatori, dell’avventura libera; Pasolini sedotto dall’Italia contadina, ancora vergine, mai deflorata dalla corruzione delle grandi città.

Due uomini che la storia mette agli antipodi per le convinzioni politiche, ma che l’arte lega nella sensibilità che sente l’odore eterno di bellezza e armonia, quello dei primordi, prima che la storia fosse.

Pound e Pasolini si annusano, si riconoscono, si corteggiano. Si incontrano nei luoghi in cui il verso si fa coltello e squarcia le nubi del comune pensare, delle negligenze quotidiane, dei torpori in cui l’uomo si perde.

Sia Pasolini che Pound vivevano sulla pelle quello che Freud chiama "il disagio della civilità", ma soprattutto andavano un po’ più in là, esplorando quei confini da cui lo sguardo si perde nella lontananza in cui rimbalza il presente, e guardavano con gli occhi pazzi del profeta il mondo che sarebbe stato un domani. Domani che è oggi.

E oggi, oggi sento l’assenza delle loro voci.