C’è una cosa che accomuna gli ascensori di tutto il mondo: il dialogo e la gestualità  condivisa dagli sventurati che percorrono insieme il breve tragitto fra un piano e un altro. In quel piccolo lasso di tempo un demiurgo ruota un intero, piccolo universo scandito dai suoi riti. Abitanti di questo mondo particolare, due o più persone.

Le situazioni sono sempre omologate, sempre uguali a loro stesse nelle due varianti fondamentali: l’incontro con il vicino di casa e l’incontro con lo sconosciuto.

Nel primo caso, le cose si svolgono più o meno così:

Salve
Visto che tempo eh?
Fa caldo…
Uuuuh, che pioggia
Ehm ehm (schiarimento di voce)
Come sta la mamma?
E lo zio, i nonni?

Sorrisini, ammiccamenti, gesti di cortesia nell’aprire la porta per primi.

Nel caso dell’incontro con uno sconosciuto, di solito:

…………..

Ehm ehm (schiarimento di voce)

Eeeehhhh (sospiro)

 

 Il silenzio – coperto solo da qualche timida, solita nota sul tempo (l’argomento più dibattuto in ascensore) o piccoli sospiri (come a dire: eh, che fatica vivere…) mentre i due uomini impegnati duramente in quei pochi, impervi minuti guardano in alto oppure si fissano con attenzione la punta delle scarpe (mai stata così interessante, prima).
I più audaci sfoggiano un sorriso Durbans. Altri guardano l’ora fingendo di essere immersi in chissà quali filosofici pensieri, smarriti nelle loro elucubrazioni esistenziali.

Spesso, però, i silenzi e i vuoti rivelano sommi imbarazzi.

A volte, se si è fortunati, arriva il provvidenziale soccorso di un elemento salvifico. Un cane, per esempio. Che capta l’attenzione di tutti convogliando verso di lui ogni tipo di chiacchiera. Una sorta di delizioso, peloso, ombrellino parafulmine, catarsi di ogni silenzioso imbarazzo. Ecco allora, improvvisa, la resurrezione della parola. L’attacco di logorrea.

Che carino!

Come si chiama?

Anche mia nipotina ha un cagnolino che…

Il logos risvegliato ha vita breve ma intensa, in questo caso.
In assenza di cani, è il bambino ad assumere la funzione salvifica. E’ lui ad animare i presenti con le sue faccine buffe a cui seguono le solite domandine di rito, stupide ma utilissime nel coprire il tratto che va dal pianoterra al quarto piano.

Ciaooooo, che carinoooo.

Come ti chiamiiii?

Pissipissi ciuciu…

Quanti anni haiiiiii?
I bambini, comunque, devono pensare che gli adulti sono dei deficienti. Chissà perché quando si rivolgono a loro si rincretiniscono, fanno la bocca a culo di gallina e cominciano a dare di matto agitandosi e parlando con quella vocetta scema scema. E loro, con pazienza, fanno finta di apprezzare queste performance mentre, in realtà, pensano a come recuperare questi sciroccati di adulti colti da attacchi di demenza precoce.

Cani e bambini, dunque, alleggeriscono il difficile percorso “ascensoriale”.
Quanto agli adulti, agli “umani”, non riescono proprio a reggere il silenzio e neppure a trovare scorciatoie per una intelligente conversazione bonsai, scandita dalla sintesi offerta da una manciata di minuti, perfino secondi.
E così, quando ci si trova vicini vicini, ad attendere l’ascensore, si sorride all’altro mentre in realtà si pensa “Che palle”.

E’ proprio vero: che palle.