Oggi è il trentesimo compleanno di Starwars. Come tanti, l’ho seguito, amato, custodito nel cuore. Mi sono appassionata nel cercare le chiavi simboliche usate da Lucas, che nella saga ha cosparso  tante briciole di Pollicino che ci riportano indietro, a casa, là dove regna il tempo immobile del mito e della leggenda.

Non è un caso che Lucas dichiari il suo debito verso Joseph Campbell, insigne mitologo, luminoso autore di libri magnifici, pieni di vis narrativa e intensità.

Nei protagonisti echeggiano – volutamente – le gesta di eroi e di dèi, nell’eterna lotta del Bene e del Male universali e, allo stesso tempo, presenti e vigili nel nostro cosmo interiore.

La tensione spirituale dei Jedi, metafora e richiamo di quei Cavalieri arturiani che custodiscono i segreti del Graal, ha sempre esercitato per me un fascino antico, un richiamo verso suggestioni profonde, talmente radicate nel mio inconscio da non aver bisogno di nessuna migrazione verbale per essere spiegate e riconosciute.

Eppure, eppure il personaggio che amo e che ho amato di più è Anakin Skywalker.

Anakin, con il suo groviglio di forza e passione, con la sua drammatica umanità.  Anakin che scivola giù, verso la tenebra del suo cuore, perché se "grande è la Forza che scorre in lui", anche la passione, controcanto insidioso, pulsa, altrettanto potente, in ogni suo gesto, precipitandolo nell’ombra dell’odio e della vendetta.

Irruento, impulsivo, fatto di vulcano e di fuoco, Anakin è tuttavia anche colui che metterà fine all’Impero salvando suo padre.

Anakin, più vicino a Lucifero che a Dio. Servitore dell’Ombra perché tradito da una Luce che non ha saputo accogliere con accettazione e compassione. Come lui, come Lucifero, è un angelo caduto per un egoistico eccesso d’amore, per un moto superbo dal quale non si è saputo trattenere. Il "troppo amore" dell’Io ci toglie le ali. Anakin cade a terra perché impara a odiare dopo la morte ingiusta destinata a sua madre, e questo odio si cementa nella ribellione verso il distaccato amore dei Jedi, quasi marmoreo, impermeabile a ogni emozione, a cui lui oppone il disperato, clandestino amore per Padme (qui penso alla bellissima figura dei Tarocchi che rappresenta Ercole al bivio fra vizio e virtù). Un po’ come Lancillotto diviso tra la fedeltà al Re Artù e la tempesta emotiva provocata dall’amore per la bella Ginevra. Se Lancillotto non potrà per questo vedere il Graal, così Anakin si allontana dalla "retta Via" per incamminarsi nell’ombra. Ma la sua ombra è la nostra. E’ la tentazione stessa dell’esistenza.

Come Lucifero, Anakin inciampa per un eccesso di fuoco sulfureo. Pur di salvare la sua amata dalla morte baratta la salvezza della sua anima con le forze infere. Si ribella al destino. Ma il destino non tollera ribellioni e fa sempre a modo suo. Si compie, prima o poi. Ma in quello stesso destino che iscrive la sua caduta è contenuto il germe stesso della redenzione.

Lucifero è portatore di luce. E’ Luci-fer. Allo stesso modo, Anakin alla fine salverà sé stesso e il futuro dei Jedi nel suo riscatto finale. Farà ciò che Joda, con tutto il suo oceano di saggezza e potenza, non è mai riuscito a fare. 

 La sua ombra, conosciuta, vissuta e utilizzata, lo ha reso ancora più potente. Non c’è mai una grande luce senza un’ombra altrettanto importante.

La redenzione estrema, radicale, che avviene sul confine tra vita e morte, è anche un monito, un invito alla riflessione.

Possiamo vivere una vita impeccabile e cascare negli ultimi istanti (senza possibilità di riparo), ma possiamo anche vivere da "peccatori" e raddrizzarci nell’ultimo istante. Interessante.  Non possiamo mai stare tranquilli. Le luci e le ombre si agitano dentro e verso di noi, in movimento perenne. E se l’ultimo singhiozzo di vita è quello che riassume il senso del nostro destino, allora la figura di Anakin condensa una speranza e un avviso: basta un solo atto d’amore, uno solo, ma che sia realmente sentito, per allontanare la tenebra del nostro cuore. Ne dissolveremo le nebbie e allora Avalon si mostrerà alla coscienza.  Sollevando la tenda del disamore scopriremo le distese imperiture del nostro cuore. L’ultimo atto di vita può valere più di mille, eroiche esistenze passate nell’illusione del bene.

Nel guizzo breve di un istante può giocarsi tutta una vita intera.

Una tale consapevolezza è rassicurazione e tormento. Un po’ come il "memento mori" che accompagnava la gloria degli imperatori (quanta immensa saggezza in quell’atto, peccato che oggi viviamo solo tanti pusillanimi, subdoli e fuorvianti memento godi).

Non possiamo far finta di non sapere.

La figura di Anakin è la vera figura chiave dell’intera storia. Ci ricorda dell’importanza dell’ombra. Ci racconta della nostra forza e della nostra fragilità. Siamo vulnerabili, esposti ai venti sibilanti delle emozioni. Siamo tormentati dai nostri amori e divisi tra il moto espansivo dei nostri ideali e la contrazione atroce del nostro limite.

Ma dal caos si genera l’ordine, così come Anakin restituisce l’universo alla Luce.

Siamo tanti piccoli Anakin, in fondo. Inciampiamo sulle nostre passioni. Ma basta un solo soffio d’amore per compensare le infinite cadute.

Purchè sia sincero.

Sincero e allo stesso tempo sottile. Come brezza mattutina custodita nell’annuncio segreto del cuore.