consumismo

 

Non sopporto il tormentone pubblicitario di questo natale. Un falso buonismo che in realtà è tutto concentrato sul consumismo.

Del resto, abbiamo creato un sistema economico mondiale che si basa sempre e solo sul consumare.

Terribile, se si sosta un attimo sul significato della parola. Consumare. Dunque esaurire, distruggere, ridurre a nulla. Ma anche compiere. Compiere cosa? Il rito del consumo, appunto.

Una civiltà che per progredire deve consumare contiene in sé il germe della sua distruzione.

Ci siamo abituati, tutti, a farci riempire mente e orecchie con gli incentivi all’acquisto perchè fa bene non solo a noi ma anche all’economia, ne spinge la crescita giustificandone l’esistenza. Quindi se vogliamo star bene dobbiamo continuare a consumare a più non posso. Se mi fermo a pensarci ci trovo qualcosa di abietto, malato. Che cela un’oscurità relegata in uno scantinato che però non per questo cessa di esistere, come del resto ci mostra abilmente la recente disfatta delle nostre illusioni economico-finanziarie.

Penso spesso alla carta dei Tarocchi, quella con la Torre che precipita giù a causa dell’umana ignoranza. Di nuovo, ancora, la nostra Torre è caduta. Ma siamo pronti a mettere nuovi mattoni, a costruire facendo finta di non vedere l’assenza di fondamenta. Un po’ come se ci ostinassimo a fare una cattedrale sopra una fogna.

E ci si mettono pure le canzoncine della pubblicità, a farci far finta di essere più buoni solo perché ci ingozziamo di pandori, panettoni e cioccolatini. Non basta mettersi in testa il cappellino rosso di Babbo natale addobbando i nostri salotti. Il Natale va guardato in faccia, non nella gola.

Un’economia basata sul consumo continuo dovrebbe – prima o poi – farci pensare ai nostri destini.

Sarebbe ora di invertire un po’ la rotta. Ma non lo facciamo.

E mentre la gente muore di fame e dorme sotto i ponti, noi, tanto buoni e sapienti, lasciamo che ogni giorno i supermercati buttino via quintali di merce ancora buona, tanto per fare un esempio.

Il sacchetto che contiene una mela troppo matura, la scatoletta di piselli che scade dopo un paio di giorni, la torta ammaccata…Cibo commestibile, insomma, ma esteticamente bruttino, o vicino alla sua "fine". In poche parole, non commerciabile e dunque estraneo al girotondo dei nostri consumi.

 

Andrea Segrè, autore del libro  Elogio dello spreco, indaga e scopre che si tratta di 658 tonnellate di cibo al giorno, 240 mila tonnellate all’anno, per un valore di un miliardo di euro. "Basterebbero a far mangiare tre volte al giorno, diciamo per l’intero 2009, qualcosa come 620 mila persone".

Non mi pare sia necessario aggiungere altro.

E’ Natale è Natale si può fare di più.

Decisamente.