Povero orso bruno, te ne stavi lì con la tua compagna e tuo figlio, nel posto dove nessuno avrebbe potuto farti male, proprio come un bambino accanto alla sua mamma. Ma ti sei trovato davanti una bella carcassa di pecora. Boccone troppo ghiotto per resistere. Non potevi sapere che qualche uomo cattivo ci aveva messo il veleno.  Avevano deciso che dovevi crepare. Forse avevi mangiato la pecora di qualcuno (ma pensa quanti animali ammazziamo noi umani, e quanti avanzi buttiamo nella spazzatura quando, sazi, ruttiamo sul piatto).

O forse qualche cacciatore si era arrabbiato per il restringimento delle zone di caccia per colpa di stupidi orsi che qualche stupido uomo ha deciso di proteggere.

Ti hanno preparato il banchetto letale. E tu, la tua compagna e tuo figlio ci siete cascati. Non conoscete le strategie serpentine di questa umanità infera, mefistofelica. Si uccide per mangiare, si mangia per vivere. La vostra legge è semplice. La nostra è più complicata, sai? Da noi si uccide anche per divertimento, o per stanchezza. Per noia, per gelosia, per vendetta. Insomma, si uccide per un sacco di motivi che non hanno a che fare con il nutrimento e la sopravvivenza. Si uccidono perfino animali che stanno scomparendo e che hanno bisogno di protezione speciale. Ma la terra, sai, appartiene a noi uomini. Non so quando lo hanno deciso, so solo che un tempo non era così. Un tempo l’indiano che uccideva il bisonte ringraziava per quel sacrificio, necessario alla vita. Oggi uccidiamo con uno sprezzo che mi fa paura. E non ringraziamo, no. Non ringraziamo mai. E fuggiamo come vigliacchi dopo aver avvelenato tre orsi e due lupi.

Devi avere sofferto molto, mi dispiace tanto. L’avvelenamento è un processo lungo, doloroso, che comporta un’agonia che infiamma lo stomaco e spacca la testa. Pare che a morire per primi siano stati la tua compagna e tuo figlio, e che tu abbia assistito.  

Sono certa che sei stato davvero in gamba, con loro. Chissà che hai pensato, nel bosco, mentre gli uccellini cantavano, il sole giocava con le foglie e tu non capivi perché.

Sai, molti uomini sciocchi preferiscono pensare che gli animali non hanno emozioni. Non è vero e le ultime ricerche scientifiche lo hanno dimostrato. Perfino gli animali da allevamento, quelli che consideriamo meno di zero, hanno un complesso mondo emotivo. Lo sai, povero orso bruno, che se il maiale ascolta la musica classica cambia atteggiamento e sembra commuoversi? La casa editrice Donzelli ha pubblicato un bel saggio, Il maiale che cantava alla luna. Ma noi uomini possiamo anche leggerci tutta la biblioteca di Babele senza cambiare coscienza.

Chissà com’era, il tuo mondo emotivo. Chissà se ti sei preoccupato quando hai visto la tua orsa crollare, lamentarsi, star male. Io penso di sì. E due lacrime si fanno spazio nello spazio rotondo degli occhi.

Sai, quando ero piccola dormivo nel lettino accanto a quello di mia sorella distribuendo intorno a me tutti i mie pupazzetti di pelouche, schierati come soldatini in difesa davanti alla minaccia della notte scura. Ma c’era un orsetto, in particolare, che faceva galleggiare nel mio cuore un mare di tenerezza.

Tutti siamo stati bambini. E abbiamo amato gli animali che scoprivamo man mano attraverso i libri illustrati, i film, i documentari.

Poi siamo cresciuti. Alcuni si sono dimenticati di quel bambino e lo hanno cacciato. Lui deve essersi rintanato in qualche altrove lontano dal cuore.

Hanno anche dimenticato, questi uomini, le fiabe che raccontavano di boschi e di animali straordinari. C’era una volta un uomo che oggi non è più. Eccola, la fiaba più triste.

Ma io sono stanca, stanca degli abusi su un mondo che sta declinando. Stanca di vedere gli orsi polari annegare perché non trovano più solide lastre di ghiaccio. Sai che è successo l’anno scorso, in quella terra nordica in cui vivono i tuoi cuginetti dal pelo di neve? E’ successo che quando i cacciatori sono andati a massacrare le piccole foche – sopresa sorpresa – le hanno trovate già morte. Erano annegate nel ghiaccio acquoso diventato una tomba.

Tu invece, qui da noi, dovevi essere più al sicuro. Ma nessun animale è al sicuro. Come nessuna foresta e nessun cielo. Siamo arrivati ovunque, come un esercito di cavallette. E dove arriviamo, portiamo la morte.

Certo certo, qualcuno ora insorgerà parlando di progresso, di civilità, di democrazie e migliori sistemi di vita. Ma sai che cosa c’è? Non me ne frega niente. Un sistema moderno che si basa sulla distruzione di un pianeta non sopravviverà a sé stesso (e c’è chi si preoccupa di campare fino a centocinquant’anni nella sua presunzione di onnipotenza).

Scusaci, povero orsetto. Adesso ti sezioneranno alla ricerca di tracce, si daranno da fare per trovare i colpevoli. E poi? Intanto tu sei morto, e con te se ne è andato un altro pezzettino di speranza.

La terra nostra era anche la tua. Avevi gli stessi diritti. Ma noi siamo Dio, abbiamo fatto il mondo a nostra immagine e somiglianza. Infatti, sai, fa schifo davvero, questo mondo.

E per qualche volo solitario di anime ancora vibranti, c’è una massa che ha deciso di chiudere gli occhi sul destino di questa nostra terra, madre violata, sfruttata, agonizzante.

E noi, figli ingrati, nutriamo i nostri egoismi.

Orso, orso caro, a me i cacciatori non piacciono. Specie quelli che lo fanno "per sport". Non c’è divertimento nell’uccisione, solo barbarie.  

Dovremmo uccidere, come te, solo per sopravvivere. O difenderci da un pericolo.

Io sono stata male, davanti a questa ennesima, triste notizia. Spero solo tu non abbia sofferto troppo. L’orso Bruno, in Germania, è stato abbattuto a fucilate, come se non avessimo, oggi, i mezzi adatti per catturare un animale. Tu invece sei stato avvelenato.

Spero che i tuoi occhietti, prima di chiudersi, abbiano potuto guardare un’ultima volta questo mondo perdonando la nostra miseria. Siamo miseri, davvero. E meschini, e crudeli.

Ogni animale protetto che muore è un passo avanti verso l’estinzione. Ma non si tratta della vostra. Sarà la nostra estinzione, alla fine, quando non ci saranno più orsi e foche, lupi e balene, tigri e foreste, quando i mari saranno di fiele e il cielo non distribuirà più aria.

Siamo ancora troppo presuntuosi per saperlo.

Comunque io non ti dimenticherò. Ti porterò nel cuore, come quel vecchio, piccolo orsetto che vegliava i miei sonni di bambina.

Una volta qualcuno disse che la civiltà di un popolo si vede da come tratta i suoi animali.

Beh, che dirti, orso caro? Se questo è un popolo.Se questo è un uomo.