Popper la chiamava cattiva televisione". Già. Purtroppo la famosa sera di Chi l’ha visto stavo guardando anche io, per caso, quel programma. Non l’avrei fatto, se non fosse per mia madre che, per motivi a me arcani, segue da sempre quella trasmissione.
Ma l’ho fatto, è capitato, l’ho visto. Ho visto te, SS, Sciacallo Sciarelli, dare il peggio di te. Ho visto qualcosa che non avrei mai voluto vedere. Non sono bastate le tragedie di Vermicino, le interviste morbose a Erica e Omar, le telecamere fisse su Cogne…Il grande, indimenticato Billy Wilder nel suo “L’Asso nella manica” ci aveva avvisato, tanti anni fa, sull’uso cinico del giornalismo. Ma noi, come sempre, abbiamo superato ogni immaginazione.
Cara Sciarelli, “stare sulla notizia” non significa stare sulla faccia di una madre a cui hanno ammazzato la figlia per poter essere lì quando glielo diranno, salvo poi, praticamente, dirglielo tu.
Io c’ero, Sciarelli. Ed è stata imbarazzante la tua difesa, il giorno dopo, in cui dicevi che avevi più volte invitato la signora Concetta ad andarsene. Cazzate. Lo hai fatto quando la tua aria da colombella afflitta aveva già mostrato gli artigli del falco. Artigli che hanno graffiato quel momento, quell’ansia, quello sconcerto. E lei, Concetta, stava lì, frastornata, con quella faccia apparentemente impassibile sulla quale le telecamere passavano e ripassavano per catturare qualche reazione. Una lacrima, magari. Quello che ci piace così tanto in tv. E tu, Sciarelli, eri come in preda a un orgasmo dopo decenni di frigidità. I tuoi occhietti impazzivano, a correre tra lo schermo che mostrava quella che era ormai la sindone del volto di Concetta e gli assistenti di sala con l’ultima Ansa.
Ma che fai? Interrompi! Falla andare via! Mi dicevo. Ma tu nulla. Eri “partita”. Parlavi alla signora Concetta di cadavere, quello di sua figlia, e di ricerche, di presunti ritrovamenti…
Solo a un certo punto le hai chiesto se voleva interrompere. Ma quel punto è arrivato tardi, troppo tardi. Lo squallore era già tutto compiuto. E lei, con una voce flebile, una voce sospesa nel vuoto di una speranza ormai impossibile, ti ha detto “Sì è meglio” Con un tono sbrigativo, nervoso. Spero che quel tono e quella frase ti tornino in mente per molto tempo. E spero ti venga in mente quella faccia violata dalle luci di uno studio invadente. Poteva andarsene la madre, hanno detto alcuni. Beh, sai che ho pensato io? Che eri tu a doverla proteggere. E tu, e io, e molti altri sappiamo benissimo che ogni trauma comporta reazioni diverse, a volte anche non reazioni. E sappiamo anche che “LA TELEVISIONE” per le anime più “ingenue”, meno colte, meno sofisticate, è davvero una specie di Golem, o un Totem, un qualcosa di così potente da essere intoccabile, qualcosa che non si sa come gestire mentre tu, cara, sai benissimo come farlo. Tu eri quella che doveva interrompere il collegamento. Potevi benissimo andare avanti da sola, tanto eri la primadonna della serata, tutti, tutti a usare comunque il tuo programma come riferimento. Hai perfino suggerito che l’inviata rimanesse nella casa dello zio orco con i due amici della figlia dell’orco, mentre la madre e l’avvocato dove sarebbero dovuti andare almeno un’ora prima. Sì, a far che? A prendere un tè coi pasticcini e fare una partita di briscola? Andiamo, Sciarelli, vergognati.
Quando hai capito che non c’era speranza, che tutti avrebbero dovuto lasciare la casa interrompendo il collegamento, il tuo disappunto, per il brivido di un momento malcelato, mi è sembrato davvero penoso.
Beh, comunque ci sei riuscita, sei riuscita a dire alla madre che cercavano il cadavere di Sara per le campagne.

Brava, complimenti. Portevi benissimo “stare sulla notizia” senza fare del becchinaggio. Potevi informare a tempo record, gestire i flussi di agenzie, i tempi giornalistici. Non con la madre, però. La madre meritava di venirlo a sapere in un altro modo. Un modo che molti di noi, fortunati, non hanno vissuto ma che molti altri purtroppo conoscono.
Parlo di quella scena che di solito vediamo nei film, con gli uomini in divisa che suonano alla tua porta. E tu sei lì, davanti all’irreparabile. Ma sei a casa tua, non sei in uno studio televisivo. E puoi sempre sederti, piangere, svenire. Urlare. Chiedere, ricevere conforto e notizie.
Ma non lo vieni a sapere da una giornalista demente, così, fra un cameraman e una luce, fra una tizia con un microfono in mano e tua nipote che piange e non vuole mostrarsi scappando dagli inviti ripetuti della giornalista demente. No, non così.
Questa non è televisione, Sciarelli. E non è neanche “cattiva televisione”. E’ solo vergogna.
Una volta esisteva il buon giornalismo. Chi l’ha visto?