La luna delle notti non è la Luna

che il primo Adamo vide. I lunghi secoli

 dell’umano vegliare l’han colmata

di antico pianto. Guardala. È il tuo specchio.

(Jeorge Luis Borges)

 

I versi di Borges rendono omaggio alla luna, l’astro notturno che ha sempre fatto innamorare scrittori, poeti, pittori. E come potrebbe essere diversamente?

Eccola, ogni notte si innalza per l’appuntamento.

Se il pastore errante di Leopardi rivolge a lei le sue interrogazioni sul destino dell’uomo, Shakespeare  ci avvisa del suo umore mutevole: "Oh, non giurar per la la luna, l’incostante luna, che si trasforma ogni mese nella sua sfera, per tema che anche l’amor tuo non si dimostri al par di lei mutevole", dice Giulietta al suo Romeo. Sì, le sue quattro fasi ci ricordano il nostro radicamento nel mondo delle mutazioni, nel divenire terreno che traccia il percorso dei nostri giorni.

La luna è rapimento, seduzione, e allo stesso tempo inganno, sentiero notturno in cui il viaggiatore incauto rischia di smarrire l’orientamento.

Poco importa. Orlando impazzito è salito fin lassù per ri-trovare sè stesso.

 

Chi studia i simboli delle antiche Scienze Sacre (fra cui l’astrologia e l’alchimia) sa bene che a questo astro corrispondono l’Acqua, il Femminile.

Il mondo delle emozioni, mondo lunare per eccellenza, non è mai facile da governare. Quanti inciampi, quante fratture lungo il cammino. Ogni volta che la luna, incerta, trema, sono temporali e alluvioni. Lì, nella notte della nostra passione, brancoliamo nel buio con le mani che cercano disperatamente un appiglio.

La "luna storta" ci rende irascibili. La "luna mensile", il ciclo di ventotto giorni che come marea di donna si gonfia e si ritira lasciando sulla spiaggia l’ovulo non fecondato, è un misterioso appuntamento con le radici dell’essere.

Ma guardando il cielo, di notte, lei è sempre lì, con il suo cerchio che scintilla di bianco, gareggiando con le stelle per il governo dell’amata oscurità che le accende.

Ci commuove, ci trattiene con il suo sussurro materno, indicibile, che parla  una lingua remota, la lingua degli dèi e dei primi uomini che videro innalzarsi l’alba giunti alle soglie della notte che partorì il tempo.

Ogni uomo e ogni donna lo sa. Intimamente lo sa. Conosce la sua magia. Ne avverte l’incantesimo irrevocabile.

Una notte di tanti anni fa, tristissima, mi misi a piangere sotto un tappeto di stelle. Il motivo di quelle lacrime svanisce al ricordo abbagliante della consolazione improvvisa che ricevetti.  Fu una carezza di luce che la luna depose sulla mia guancia. All’improvviso, il peso sul petto smise di premere e il cuore uscì dal recinto.

Sono momenti in cui l’anima trova le ali.

E la luna continua a guardarci, lassù. E noi continuiamo, come sempre, a cercare.