Liberaci, caro Spirito, dallo strepitare dei nostri telefoni e dai bisbigli delle nostre segretarie cospiranti contro l’Uomo (…), Liberaci da tutto il guazzabuglio di billets-doux, bottiglie di birra vuote, liste di lavanderia, direttive, pagherò e giocattoli rotti, dal caos terribile che questa vita particolarizzata, in cui così vanamente abbiamo tentato di fare ordine, si ostina torvamente a lasciarsi dietro; traducici, Angelo luminoso, da questo inferno di materia inerte e sofferente, che si va facendo via via più senile in  un tempo per sempre immaturo, a quel regno beato, tanto più alto dei dodici venti impertinenti e delle quattro stagioni malfide, a quel Cielo del Caso Veramente Generale dove, non più torturata da tre dimensioni e immune dalla vertigine temporale, la Vita si tramuta in Luce, assorbita per sempre nello stabilmente fermo, completamente autosufficiente, assolutamente ragionevole Uno.

(W. H. Auden, da The Sea and the Mirror)

 

Le parole di W. H. Auden,  intenso, struggente poeta inglese che riuscì sempre a trovare le suggestioni giuste per raccontare le altezze e gli abissi dell’uomo, ci rammentano la fragilità del nostro vivere, appeso al filo del tempo e dello spazio.

Ci tornano in mente gli angeli di Wenders, seduti sui cornicioni di una Berlino caotica, dolente, mentre ascoltano i pensieri sparsi di una umanità affogata nelle ansie del quotidiano. Voci che formano una litania invisibile eppure concreta, che recita una preghiera fatta di carne e di sangue, di ossa e di sudore.

Chissà se davvero gli angeli ascoltano i nostri formidabili pensieri. Sparpagliati ovunque. E sempre presenti, quando guidiamo e quando salutiamo, quando beviamo un caffè e quando accendiamo il computer.

Se uno degli  angeli che vegliano il cielo sopra Berlino  rinuncia alle ali e per Amore si tuffa sulla terra, mollando l’eternità, forse significa che questa vita, con il suo disordine e la sua disperazione, non è poi così male. Perché i suoni, gli odori, i colori rappresentano un’esperienza incredibile. Un "miracolo" inverso, visto dagli occhi di un angelo.

Per un angelo la terra è porosità, forma, materia. Il suo peso – così diverso dalle trame sottili a cui è abituato – diventa possibilità straordinaria per fare esperienza, quell’esperienza fatta di attrito, scintilla, manifestazione.

Chissà se davvero gli angeli  invidiano la nostra vita. Di certo,  nel suo destino terreno l’uomo vive un’occasione incredibile.

E tuttavia la difficoltà di questa occasione rende terribilmente sincere  le parole che Auden rivolge all’Angelo luminoso.

La sua nostalgia per il silenzio al di là di ogni suono, per la cessazione della "tortura delle tre dimensioni", in fondo è anche la nostra.

Anche noi, in momenti particolari, abbiamo chiesto a un angelo di declinarci in un’altra dimensione.

Di strapparci alla malinconia di una casa distante nello spazio e nel tempo.

Eppure, eppure è bello essere qui. Malgrado i dolori, le angosce, i tormenti. Gli angeli ci aspetteranno.

Non hanno fretta come noi.