La Medina ogni volta mi incanta, mi con i colori dell’ artigianato ma soprattutto con quelli delle sue spezie, delle erbe, delle pietre d’indaco. Potrei passare ore seduta su uno sgabello dai miei amici erboristi ad annusare resine d’ambra e di sandalo e cristalli di menta, ficcanti il naso nelle ciotole di cúrcuma, coriandolo, zafferano… mentre guardo i turisti che osssano, incuriositi, smarriti, eccitato oppure stanchi, sudati. La Medina è’ un labirinto in cui non devi perderti, mai. Il suo cuore è’ nascosto e può essere anche pericoloso per chi si avventura senza consapevolezza, specialmente la sera, quando le stradine che la percorrono si svuotano all’improvviso e i vicoli si trasformano in mano che afferrano, voci che bisbigliano, porte che si aprono e si chiudono velocemente.la place Jemaa el fna, la Piazza, è’ il riferimento che tutti cercano, il porto sicuro a cui tornare , il luogo da cercare per non perdersi, trascinati via dall’Eni fna dei labirinti. La piazza? È’ la domanda che ogni turista continua a fare qui dentro perché non c’è mappa che salvi dai vicoli continui, fatto di nomi nascosti o impronunciabile mi che sembrano sfuggire all’ordine di una cartina. Non si può imporre ordine, alla Medina. È’ selvatica, randagia, sfuggente. Non puoi costringerla in nessuna definizione. Ma piano piano imparo a conoscere alcuni l’unti strategici e perfino a muoverti con disinvoltura nella sua folla. E tuttavia ci sarà sempre l’ignoto ad attenderti dietro ogni angolo perché l’imprevedibilità è’ la sua imprescindibile cifra .