Il potere degli specchi
Ogni persona ci fa da specchio. Cosa rispecchia? La moltitudine che ci abita dentro. Alcuni specchi tirano fuori le nostre parti più ispirate, nobili, coraggiose e creative. Altre, invece, specchiano i nostri limiti e le nostre ombre. Se e' vero che per essere completi abbiamo bisogno di tutti gli specchi, e' anche vero che dobbiamo cercare chi amplifica le piccole luci che ci brillano dentro. Chissà perché, allora, molti di noi rimangono attaccati a quelle persone che ci rimandano l'eco di un vizio, un difetto, una nociva ostinazione. La libertà da uno schema fisso e familiare vuol dire cercare di rompere prima di tutto i vincoli interni per cercare, oltre agli specchi 'sani' quel mare bianco in cui ci guardiamo mentre l'anima osserva se stessa. Narciso e' affogato dietro di noi, e non lo salveremo.
Piccoli segni dall'universo
Stamattina, mentre nuotavo, ho visto una coccinella in acqua. Si dibatteva, stava affogando. Così ho deciso di salvarla e portarla a riva. Ma camminava veloce sulle mie mani che l'avevano raccolta, allora l'ho messa nel palmo destro e ho chiuso un po' il pugno per non farla fuggire. Quando sono arrivata a riva e ho aperto la mano per deporla all'asciutto, ho scoperto che era morta. E ho pensato al messaggio che mi è arrivato: a volte noi uomini per "proteggere", salvare, stringiamo troppo forte...e uccidiamo. L'amore è rischio e libertà, con tutto ciò che comporta. Sempre. Ho anche pensato a come, a volte, gli uomini discettano e si accapigliano su scuole, dogmi e filosofie, mentre l'esistenza scorre, con semplicità, mandandoci sempre e comunque un segno. Ciao, coccinella.
Politici corrotti. Ma i cittadini italiani?
La retorica dei "tutti ladri, tutti corrotti" non basta a scagionare le colpe dell'italiano furbetto che evade le tasse. E che, mentre non ti fa la ricevuta, magari si lamenta con te del "governo ladro", del "rubano tutti", della disonestà.
Perchè, tu che fai, in questo momento, mentre col sorrisetto mi chiedi il conto e non emetti nessuna ricevuta?
E che fai quando pago il caffé? Mi guardi come fosse una criminale, quando ti chiedo lo scontrino. Poi sbuffi, subisci la mia "estorsione" e me lo fai.
Pazzesco. L'Italia è un paese in cui tutte le cose sono invertite, rovesciate.
E in cui il bue ama dare del cornuto all'asino.
Già, perché gli unici cittadini che possono lamentarsi delle ruberie dello stato sono quelli che le tasse le pagano.
Le pagano per tutti gli altri. Per te, e te, e ancora te.
Solo un caffè, mi dirai. Ma è con le gocce che si forma un oceano.
A forza di "solo" si riempie la stanza di paperon De Paperoni, le evasioni fiscali degli ultimi dieci anni avrebbero aiutato parecchio, se recuperate, a rimettere in sesto il paese.
Poi c'è il finto buonismo, quel ridicolo "Beh con la fattura? Ma se ti faccio la fattura, allora devo farti il venti in più..."
Eh no, non è solo il venti. L'Iva è un giro di conto e tu, su quella cifra, non paghi una mazza.
Vuoi fare un "nero onesto"? (eh già, arriviamo ai paradossi, ma il senso rimane). Allora venti per cento più trenta per cento in meno, oppure la crira che dici, più l'iva.
Purtroppo chi non lavora con la partita iva non le capisce, queste cose.
Ma l'educazione del cittadino andrebbe insegnata a scuola, anche con queste "materie".
Piantiamola con la lagnetta dei politici ladri e gli italiani innocenti.
Non è così.
Ogni giorno, io incontro, nel quotidiano, tanti piccoli politici.
Perché la caratteristica dell'italiano medio non colpisce solo i politici ma ognuno di noi. Lamentoso, arraffone, tarffichino e menefreghista, senza nessun senso di solidarietà, di partecipazione comunitairia, l'italiano ha la tendenza ad avere il massimo con il minimo sforzo, e senza darsi troppo da fare per gli altri.
Poi, certo, ci sono anche quelli onesti, la brava gente. Come ci sono, però, anche i politici seri, e rispettosi.
Ma qui stiaoparlando di una tendenza, un atteggiamento comune e diffuso.
Ma è ora di riconoscere che il politico è la nostra espressione. E' uno specchio, impietoso.
Non è mala politica mettere parenti incompetenti nelle università, nelle aziende?
Non è mala politica chiedere il favore di turno? (i voti di scambio mica se li fanno da soli, i politici)
Non è mala politica provare a pagare il meno possibile, sempre e comunque?
"Non arrivo a fine mese", si dice. Molti non ci arrivano, vero. Una tragedia immane.
Ma ci sono anche quelli come l'imprenditrice che, intervistata da Ballarò, si lamentava di essere obbligata a fare il nero per tirare avanti mentre guidava il suo bel suv, diretta in vacanza a Cortina (ripeto, a Cortina. Non a Filettino) con tanto di sci e occhialoni firmati.
E non sono pochi.
Oppure c'è il podologo che piange miseria mentre sceglie di lavorare tre giorni a settimana, che metterci anche gli altri sarebbe troppa fatica (e intanto evade, serenamente).
Non lo accetto più. Non accetto i vizi iniqui di questo paese che troppe volte è scaltro e furbetto.
Quando i palazzinari costruivano le loro case beate cresciute sotto l'ombra accogliente dei portafogli di Craxi, nessuno si lamentava. I politici rubavano, ma finché si stava bene, finché si rubava tutti allegramente, non c'era problema.
E invece no, c'era. E' troppo comodo destare la coscienza solo quando le cose non vanno più bene.
La coscienza è coscienza, non dipende da un portafoglio.
Io vedo il politico ogni giorno, in mezzo alla gente.
Lo vedo nell'indifferenza di chi vede una donna cadere a terra e la scavalca, lo vedo nella prepotenza di chi sgomita per passarti davanti, di chi prova sempre a fregarti, perché è la norma.
Io lo vedo, e mi chiedo perché ci ostiniamo a non riconoscere la nostra ombra.
Non si parte da loro, si parte da noi.
Eh già.
La politica è ovunque, è in tutti i privilegi e le ruberie che affollano questo paese.
Non sono solo governi e parlamenti.
Poi sì, la gente sta malissimo, gli imprenditori si sucidano, i soldi non bastano.
Ma di tante persone che evadono, molte lo fanno per abitudine. Lo hanno fatto sempre. E' un costume, un vizio radicato,come mangiarsi le unghie.
Non ha che fare con la sopravvivenza. A a che fare con il nostro carattere.
Ma in quel momento, quando evadi, quando rubi, tu non rubi allo stato. Rubi a me, a lei, a lui. Rubi a tutti quei cittadini onesti che, con molti sforzi, sanno che devono contribuire.
Poi, solo dopo, potrai lamentarti degli altri.
Ma non potrai farlo fino a quando non sarai tu stesso un esempio.
Gezi park: il reportage Ritorno a Gezi pubblicato da OsservatorioIraq
Il reportage Ritorno a Gezi, che racconta i giorni di Gezi Park e arriva fino ai nostri giorni, pubblicato sulla rivista OsservatorioIraq.
http://www.osservatorioiraq.it/focusspeciali/turchia-ritorno-gezi-principio-fu-un-albero
CAMBIARE, COME?
"Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo", diceva Gandhi.
Invece, noi, spesso pretendiamo di cambiare il mondo senza cambiare noi stessi. Si dovrebbe sempre partire da se stessi, prima. La cosa più difficile. Poi, guardare fuori. Altrimenti, come al solito, si cambia tutto per nulla cambiare. Che lagna. Rimane tutto uguale. Non a caso, il mondo, mai come ora, sembra andare in fiamme. Irrimediabilmente. Io, intanto, ri-comincio da me.
Chissà perchè, ci ostiniamo a cambiare "il fuori" senza capire che è uno specchio del "dentro". Più facile, giù. Ma non funziona. E a volte rasenta il ridicolo. Sono andata a dare un'occhiata alla veglia per la pace di papa Francesco, due settimane fa. Ero tornata a Roma in tempo, abito a due passi. E allora perché no? Mi piace, questo papa. Mi sta simpatico. ha coraggio, osa. Parla, ma FA.
Dunque eccomi lì, alle sette, seduta, in un clima certamente suggestivo, in mezzo a persone di ogni età, razza, sesso (non posso dire anche "religione", ma, a onor del vero, c'erano anche diversi musulmani).
Tutti con l'aria beata, buona (buonista?), commossa in attesa del pontefice. Devo andare al bagno. Mi scappa la pipì. E mi trovo così in mezzo...alla guerra. Già, appena girato il colonnato, nell'area della toilette si consumava, nel frattempo, la rissa per il posto, la fila, il fare prima o dopo...
Un esempio maginifico, eloquente.
"Vedrà che poi è anche peggio", mi dice la donna delle pulizie che, con piglio nazista, gestisce le ribelli e mantiene l'ordine prima che la toilette diventi una prima linea di fuoco.
Occhiatacce, insulti. le facce buone ora, dietro le colonne, all'ombra dello sguardo papale, sono cattive. Egoiste.
Mi viene da sorridere. Eccolo qua, l'uomo che prega per la pace in Siria e vorrebbe pestare il vicino per fare la pipì prima di lui.
Non c'è male.
Proprio qui giace la triste contraddizione dell'uomo.
Prima, fai la pace intorno a te e dentro di te,
Poi, poi pensi al mondo.
Alttimenti, che cambia?
Non cambia nulla.
E' come nei condomini, in cui perfino una decina di persone soltanto riesce a sbranarsi per quel "bene comune" che tanto comune non è.
E poi, magari, oplà, ecco che queste persone vestono i panni delle crocerossine, degli attivisti che marciano ad Assisi, dei religiosi che pregano insieme al Papa.
Ho visto persone che vantano beneficenze e medaglie "d'onore al merito" far crepare di freddo una vecchietta per non voler accendere il riscaldamento condominiale con una settimana di anticipo (poi, sono sempre i più ricchi a essere i più stronzi, mi spiace dirlo)
.
Insomma, cambiamo, cambiamo, ma cambiamo da noi e dal nostro ambiente più prossimo.
Cerchiamo di essere noi quel cambiamento che vorremmo nel mondo.
Costa fatica? Accidenti. Tanta!
La politica che vorrei
La politica che vorrei è un cambiamento profondo, una rivoluzione della coscienza, non un semplice spostamento di aggregazioni. E’ una politica che non ha paura di dirsi che le parole, svuotate di significato, non hanno senso e direzione se non combaciano con la realtà dei fatti.
E i fatti si misurano attraverso le azioni e comportamenti, che ci dicono chi siamo e come siamo davvero.
E’ inutile parlare di democrazia se dentro rimaniamo intolleranti, ancorati ai vecchi schemi individuali e, di conseguenza, collettivi. Se non capiamo cosa significano le parole che usiamo, se non diamo vita reale ai loro contenuti.
E’ una politica che parla nuovamente di “comunità” e non di “collettivo”, di condivisione reale prima ancora che di assemblee, consapevole che la politica pura, così come
la conosciamo, da sola non serve a nulla perché riprodurrà le dinamiche di sempre, le logiche e le strategie che l’hanno contraddistinta.
Una politica che capisca che la militanza procede insieme alla conoscenza, che il fare non può prescindere dall’essenza. Che prima si interroghi sui sensi condivisi che diamo alle parole, in un mondo che ha svuotato ogni concetto del suo significato profondo riducendolo a orpello linguistico. Perché le parole contano, ma conta soprattutto la loro declinazione nell’ambiente in cui muoviamo.
Una politica che sia umana, prima ancora che politica.
Che non abbia paura della diversità e che in nome della democrazia non livelli e non omologhi le differenze, che faccia della creatività di ognuno una risorsa per tutti, perché il vero tesoro sta nel lavorare insieme, consapevoli delle differenze.
Una politica che non sia qualunquista, che capisca che tutti hanno gli stessi diritti ma che non sono uguali davanti ai talenti e alle competenze, e che invece di livellare enfatizzi le differenze senza temere chi brilla e si distingue, ma che anzi promuova l’emergere di meriti e specializzazioni facendoli confluire in un insieme armonioso.
Una politica che riprenda il senso antico di comunione di esseri umani, equilibrando l’individualismo e la collettività senza schiacciare l’uno o l’altro concetto, senza passare da comunismi fanatici a individualismi epilettici in cui l’uomo si muove come lupo fra i lupi.
Una politica che sia anche cultura, psicologia, sociologia, etica e consapevolezza prima ancora che azione mirata al bersaglio.
Una politca in cui la prima istituzione in cui entrare sia il nostro cuore, liberando l’umanità oppressa da una scoietà abituata a ragionare in termini di strategie e comodità.
Una politica consapevole che le idee vanno prima misurate con il vero livello di consapevolezza, perché viviamo ancora nella caverna di Platone scambiando le ombre con la realtà.
Una politica che sia anche un nuovo umanesimo, che rimetta l’uomo, e non il profitto, al centro del mondo.
Che non abbia paura di chi la pensa diversamente e neanche di aderire per forza alle cose che non si sentono “vere”. Che non cerchi alleanze di comodo né strategie opportuniste, ma che parta da ogni alleanza di comodo e ogni strategia opportunista che ogni singolo, ogni giorno, applica nella sua vita per capire che se non cambia l’uomo non cambia neanche il suo modo di fare politica.
Che non applichi solo categorie ma scavi sempre cercando di spingere più in là il confine della conoscenza.
E’ questa, la politica che vorrei. E non la vedo, non la vedo da nessuna parte. Non ancora, né forse mai.
Francesca Pacini
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