Non mi va di partecipare al dibattito sulla "questione omosessuale" scatenata, fra gli altri, dal film "Milk" di Gus Van Sant.

Non mi va di entrare sulle questioni sessuali delle persone.

Non mi piace l’enfasi eccessiva data dai postumi dell’Isola con la vittoria di Luxuria che ora imperversa ovunque (simpatica ma troppo presenzialista attualmente).

Non condivido le tensioni eccessive che ruotano intorno a questi temi.

Ma mi è piaciuto, e tantissimo, questo film.

Perchè malgrado l’intento "politico" il film racconta una storia universale, la storia di un uomo che si batte per i suoi diritti e quelli degli omosessuali come lui in un periodo in cui questi diritti erano negati (a differenza di oggi).

C’è un accento sul "noi", nella sua battaglia. Un afflato corale, un impeto comunitario condivisibil, qualunque sia il  "colore" del nostro sesso.

A differenza dell’individualismo che ormai tutto ha soppiantato, perfino alcune battaglie che dovrebbero essere "corali" e che nascondono invece una sfilza di eghi pompati e separati, camuffati dietro "cartelli" vari.

ll film è bello, dicevo.

E’ sobrio, mai volgare, mai "eccessivo", grazie anche al talento scintillante di Sean Penn.

Una scena – semplice semplice – mi ha ricordato una certa verità.

Davanti alla lettera anonima che contiene minacce di morte, Penn/Milk risponde appiccandola sul frigorifero, a mo’ di post, di memento mori. Se la mettesse in un cassetto si ingigantirebbe fino a fare paura, mentre così, alla luce di ogni giorno, non spaventa più. Sta lì, sul frigo, leggibile, affrontabile.

In effetti le nostre paure funzionano proprio così. Più le spostiamo, più le infiliamo nel buio dei nostri cassetti, più ci spaventano, prosperando a dismisura. Diventano l’ombra, quell’ombra deformata dalla ingannevole luce lunare (come mostra anche una sapiente carta dei Tarocchi) in cui le illusioni di maya si trasformano realtà.

In effetti dovremmo tutti appendere sul firgorifero ciò che ci spaventa. Dovremmo farci i conti, ogni giorno, finché la confidenza non prende il posto dello spavento.

Anche perché non si scappa, dalla paura.

La si può rimuovere, relegare nei labirinti inconsci eppure lei, tutta spiegazzata ma più aggressiva che mai, riemergerà, trovando il suo filo di Arianna.

Insomma, la scena in questione non era affatto stupida. Anzi, suggeriva una opportuna riflessione sui cassetti e sui frigoriferi di tutti noi.

Troppi cassetti, in effetti. E pochi…frigoriferi.