"Una cippa lippa", direbbe la Ventura col suo solito piglio oxfordiano. Peccato che anche lei sia finita sotto l’indice di Lippi,  che  stranamente da indice di ascolto si è trasformato – potere della metamorfosi – in dito accusatore.  Sul banco degli imputati: la televisione. Quella "cattiva televisione" che lamentava Popper.

Novello Torquemada, epurator-Lippi lancia i suoi strali (o stralci?) contro la televisione-spazzatura, amante delle risse e della volgarità.

Dal suo sito casa Lippi invita tutti a partecipare alla sua iniziativa (www.claudiolippiunminuto.com) che chiede agli italiani di fare un minuto di silenzio contro l’abuso di demenze televisive.

Già già. Peccato che proprio lui, fino alla lite con gli autori di Buona Domenica che non hanno accolto le Sue contestazioni riguardo alla ormai "storica rissa" Mussolini-Sgarbi (della serie: la coratella contro il risotto al tartufo), se ne è andato sbattendo le porte e autopromuovendosi paladino d’assalto contro la mediocrità.

Ma non si vergogna un po’, il Lippa Lippa? Fino all’altro ieri ci ha devastato con le sue idiozie (sì, proprio quelle che ora critica) fomentando il declino inarrestabile dei pomeriggi di Buona Domenica capeggiati da quel trombone di Costanzo che, se possibile, ha dato il colpo di grazia alla già difficile, e pericolante, situazione domenicale a cui, con le "palle costernate" – e scusate il linguaggio  ma siamo in tema – il telespettatore cercava di sopravvivere fuggendo dai "Ciao, da dove chiami?" di Mara Venier.

Eccolo, il colpo di grazia. Costanzo, e Lippi insieme a lui, ha per anni promosso la televisione delle demagogie, delle veline-cretine, dei ragazzi "Amici" e brufolosi che sculettano dopo il diplomino preso alla scuola della De Filippi (ma dove sono finiti con la nuova domenica di Paola Perego? li hanno deportati in massa?), del pubblico ola-dipendente (e deficiente), dei siparietti all’italiana, dei buchi da serratura, dei falsi buonismi, dei veri imperialismi (televisivi), dei Costantini e dei Danielini.

Lippi c’era. Eccome se c’era. Per anni ha fatto il finto tonto spalleggiando Costanzo e la sua corte dei miracoli, accogliendo gli evasi dalla casa del grande Fratello, dimensandosi e canticchiando, raccontando barzellette che non facevano ridere…

Poi c’è un cambio di vertice, e l’orfanello di Costanzo, come sempre accade, viene riciclato nella nuova Domenica condotta – ahimé – da Paola Perego. Pettegola quanto Alfonso "Signorina" (l’omosessuale esperto di moda e mode che volentieri si spaparanza nei salotti domenicali), determinata quanto la zarina Maria, la Perego riesce nell’impossibile: uccidere un morto.

Nel senso che riesce a peggiorare la già disperata, senza speranza, situazione domenicale su cui Costanzo è passato per anni come un napalm su un campo di margheritine.

Lippi all’inizio della nuova versione domenicale ci sta. Schifo per schifo va bene. Ma poi, quando lo staff non gli dà l’udienza che merita, si incazza, gira i tacchi, e si butta nella battaglia a favore di un ripristino della qualità.

Ci vuole una bella faccia tosta. Gli altri coglioni, giù a sostenerlo: da Iva Zanicchi a Minimun, da Timperi a Frizzi. Beh, doppia faccia tosta con triplo salto carpiato, visto che il sostegno non viene certo dai "geni" della televisione, da quelli che ci hanno aiutato nel restituire dignità alla "più amata dagli italiani" (che non è la Cuccarini ma è proprio lei, la Signora Televisione).

Non è poco credibile che uno che si azzuffa – in un evidente gioco di potere – con il suo staff se ne vada decidendo di combattere proprio quello che ha alimentato? Non mi risulta nessuna folgorazione sulla via di Saxa Rubra. No, anche a comprimere il cervello in uno sforzo di fantasia, San Claudino non ce lo vedo.

Nella Lettera agli italiani, lui vorrebbe, con il fervore di un apostolo, convertire il popolo di stolti – che ha rimbecillito per anni – svegliandoli, chiamandoli "alle armi" con il silenzio in protesta del mondezzaio televisivo.

Chi sputa nel piatto in cui ha appena mangiato o è un rivoluzionario o è un furbone. Lippa Lippi appartiene alla seconda categoria (alla prima, appartiene al massimo l’1% della popolazione).

Al massimo bisognerebbe chiamare qualcuno ad aiutarlo nella causa che lancia contro sé stesso, facendolo costituire contro  l’associazione a delinquere che si è macchiata di circonvenzione degli incapaci. Imputato: Lippi. Pubblico Ministero: Lippi. Associati: Lippi. Perché l’incapace è proprio lui, che per anni se ne è stato bello seduto,  con il suo sorrisino da ebete, nel salottino domenicale. E che se ne è fottuto della cattiva televisione (i soldi fanno tacere).

Bel fenomeno di pentitismo. Davvero.

Va bene che ora abbiamo l’indulto, ma passare indenni dopo la truffa (la presunta conversione) è un po’ troppo. L’omertà è una violazione. Almeno così mi risulta. La partecipare all’associazione a delinquere, perché tale fa apparire la banda di Buona Domenica, è una violazione.

Un pentimento vero richiede tempo, silenzio, riflessione. il contrario di questa boutade ridicola.

Tra l’altro, ci viene il sospetto che sia l’Ego ferito a parlare, e non la coscienza dell’uomo.

Insomma, ci convince questo brusco cambio di direzione? Macchè. Una cippa lippi…

 

 

Buona Domenica ai deficienti.

Finita l’era agghiacciante delle domeniche di Costanzo, vero e proprio tormentone di banalità che, a confronto,  facevano sembrare il Bagaglino un raduno di intellettuali e filosofi, arriva l’agguerrita Perego che non ci fa certo rimpiangere la pensione pomeridiana del suo predecessore domenicale.

Solite sculettate durante i balletti (ma che bei deretani esibisce sempre la nostra bella Domenica pomeriggio), duetto con quel  provolone di Bettarini con cui la Perego intrattiene un reality mini-show con candidate dementi in cerca di accoppiamento (mediatico e non) con l’ex calciatore prestato al video, solito intrattenimento a pizza e fichi.

Fin qui, passa.

 

Non contenta, però, la Perego vuole anche emulare un po’ la zarina, Maria De Filippi, portando nel circo domenicale anche un gruppetto di adolescenti che dibattono su vari temi. Insomma, Amici di pomeriggio.

E passi anche questo.

 

Domenica scorsa, però, si supera ogni limite della decenza.

La Perego, alle prese con le sue velleità da giornalista ( se la tira da matti), convoca la madre di Jennifer Zacconi , la ragazza incinta di nove mesi sepolta viva, sei mesi fa, da Niero,  padre del bambino che aspettava. 

Lui per non avere fastidi e turbare l’armonia della sua famigliola (è sposato con figli) la massacra di botte in un campetto e poi la sotterra viva.

Un episodio di cronaca che ha interrotto lo stupido stress della nostra giornata.

Un episodio reso ancora più duro dalla pubblicazione, su un quotidiano, della foto del bimbo mai nato e già morto che la nonna, orfana di figlia e nipote nel giro di una mezz’ora,  aveva fatto vestire con uno di quegli abitini che si mettono ai neonati. Cuffietta bianca, camicia.

Una scelta che ha scatenato dibattiti per la crudezza del gesto, dettato però anche dall’intenzione di mostrare a tutti gli effetti come quel bambino fosse già “vivo”, reale, e non solo un feto.

Non aveva autonomia giuridica ma tuttavia, tuttavia era già autonomo dal punto di vista dell’esistenza. Aveva scavalcato il confine tra il nulla ineffabile e i giardini della vita.

Per questo la madre di Jennifer ha pubblicato le foto, e ora si batte per una doppia condanna di Niero. Due omicidi, non uno.

 

Insomma, una faccenda complessa, delicatissima, che ci schiaffa davanti alle nostre convizioni (un bambino non nato è un bambino o solo un feto?), che magari costringe a interrogarci sulla solidità di  alcune posizioni (siamo davvero capaci di assolvere? o ci sentiamo vicini, magari anche solo per un istante, per la durata di uno scatto dell’istinto, della nostra più fragile umanità,  a questa donna che afferma il suo limite dichiarando che non ce la fa a perdonare, che vorrebbe tanto la pena di morte per chi ha interrotto sua figlia).

E ci turba, ci commuove. Ci obbliga a riflettere.

 

Bene, un argomento così delicato, pieno di domande, di punti interrogativi dalla risposte difficili, viene affrontato nel circo della Perego insieme ai suoi giovani Holden.

La madre di Jennifer rievoca l’omicidio in mezzo alla platea di adolescenti “tutti brufoli e ciccia” che si improvvisano opinionisti e che devono, poverini, dire cose intelligenti affrontando in dieci minuti (questi i tempi televisivi concessi al dibattito) la morte di Jennifer e le sue conseguenze, giuridiche  e non.

 

La Perego incalza, modera, zittisce e sprona alla domanda, con la stessa lucida  fibrillazione  di Emilio Fede quando si metteva in contatto con la sua leggendaria Silvia Brasca nei concitati giorni della Guerra del Golfo.

C’è anche Vera Slepoj, psicologa mediatica riesumata per l’occasione (era un po’ non si vedeva sul tubo catodico) che tenta di parlare dell’idealizzazione amorosa ma che viene subito zittita dalla Perego che insiste nel valzer delle banalità offerto da lei e dai suoi ragazzi.

Si dà arie da grande cronista mentre in realtà abbatte il già scarso livello delle nostre quote rosa nella televisione (e non è che quelle azzurre eccellano…)

 

In mezzo a tanto fracasso, la madre di Jennifer mi sembra un’altra vittima. Vittima dello starnazzare della televisione, vittima dei meccanismi spietati di uno spettacolo che fa della morte un pretesto per fingere impegno. Per fingere discussione.

Si butta di tutto in tv, oggi, e una ragazza sepolta viva si alterna, nei pomeriggi domenicali, alle discoteche o al diritto di far tardi la sera (la Perego affronta con la sua banda le tematiche giovanili).

Intorno alla madre di Jennifer si parla, si parla veloci, ci si azzuffa nei tempi stringati concessi, mentre il volto tristissimo di questa donna, quasi imbarazzato da tanto frastuono, continua a raccontare di un dolore sfiancante.

Ma come si fa a non provare imbarazzo davanti a tanta idiozia?

Come si fa a liquidare una storia così in dieci minuti?

Con un dibattito demenziale della durata di un nanosecondo tenuto da ragazzetti in cerca di un momento di gloria, pilotati da una cronista della superficialità e del pettegolezzo?

 

Insomma, mi pare che Jennifer muoia di nuovo ogni volta che se ne fa un uso squallido, strumentale. Ci sono altre trasmissioni, semmai, per farla rivivere nella memoria.

Il nuovo programma di canale 5  tenta perfino, come in questo caso, di risollevare i tassi impegnati delle domeniche pomeriggio che, a quanto pare, invece sono destinate a proseguire all’insegna della demenza. In realtà, fa solo audience.

Meglio il sano culo delle ballerine, più “onesto”.

Perego, Buona Domenica ai deficienti….

 

 

Visto che ancora siamo in clima estivo, proseguiamo un po’ il viaggio nelle demenze che, purtroppo, non hanno comunque stagione.

Ieri sera mi sono imbattuta in una puntata replica di Bisturi- nessuno è perfetto  in onda, verso le undici di sera, su Italia 1. Me l’ero persa, il programma, ma stavolta ci ho inciampato con il telecomando e…mi sono fatta parecchio male.

Conduce Irene Pivetti, sì, l’Irene nazionale, quella delle fasi estreme, prima inamidata esponente cattolico-chierichetta votante Lega, guida inappuntabile del Parlamento, dove esibiva i suoi tailleurini così stirati da camminare da soli, o meglio in  compagnia dei suoi leggendari  folaurds copri-collo (portati un po’ come i burka), poi, dopo l’incontro con Costanzo, il demiurgo mediatico che mette in rotazione l’universo femminile plasmando i suoi modelli (il più riuscito pare rimanga la De Filippi),.oplà,  ecco una Pivetti "moderna" in  versione sado-maso, capello cortissimo e vestini sexy di pelle nera.

Accanto a lei, la "velona" Platinette a farle da spalla (Platinette, un altro abominio mediatico sempre uscito dalle rotazioni cosmiche del demiurgo Costanzo che, ahimè, forgia i modelli televisivi che "fanno scuola" e rincretiniscono il già demenziale livello televisivo).

Fin qui, "ci può stare", come si dice oggi in gergo. In fondo, sono due travestiti (da Costanzo, appunto) si sono incontrati per formare la coppia della trasmissione. Tra l’altro nessuno dei due è veramente imbecille, solo che hanno trovato di tutto…tranne sé stessi (da qui le metamorfosi e gli aggiustamenti  congeniali, guarda caso, ai meccanismi mediatici). A ciascuno il suo, come diceva Sciascia.

 Il punto è che Bisturi è l’ennesimo programma spazzatura che stavolta, però, supera ogni confine della decenza (sì, insomma, a forza di spostarlo, questo confine, sempre più in là, si è arrivati a un punto di non ritorno, come la spaccatura dei continenti, tanti anni fa, e Bisturi lo ha valicato).

In sostanza, si trattta di persone che si offrono  al voyeurismo della telecamera e, con il portafogli della televisione, si fanno operare per eliminare i loro "difetti". Orecchie da Dumbo? Nessun problema, ecco il chirurgo estetico che ci "mette una pezza" e ti rinnova i lobi. Seno cascante? Voilà, ecco due siluri che puntano dritto verso le stelle sollevandosi dalla gravità.

C’è una tizia, ad esempio, che non riesce proprio a vivere con il suo naso (a tal proposito  vi ricordate di Pirandello, a proposito, in Uno nessuno e centomila?). Un naso che, a mio avviso, è tutt’altro che indecente. Forse non è un rettilineo perfetto, forse si inclina un po’ verso destra, e c’è una leggera gobba …ma nulla che la faccia sembrare la strega di Biancaneve, perdio.

Ma quel naso, in un mondo di perfetti, le impedisce di vivere, a quanto pare. Per fortuna c’è Bisturi a restituirle la gioia dell’esistenza. Il chirurgo nota perfino una eccessiva protuberanza del mento (se lo dice lui…) che la fa sembrare, parole sue, "nonna Abelarda" (così se già si sentiva a disagio a quel punto pensa di essere davvero una deformazione della natura).

Insomma, poi arriva il lieto fine. Ci sono le riprese dell’operazione, e poi eccola, la "nuova lei", a fare il suo ingresso in trasmissione, tutta conciata dai parrucchieri e dal chirurgo plastico. In effetti è trasfigurata, ma non ha nulla a che vedere con Cristo sul Monte Tabor.

Ha perso…sé stessa. Adesso sì, è una perfetta anonima, con il nasino "giusto", cioè uguale all’idea che abbiamo di come dovrebbe essere un naso, e il mento che si è ritirato.

E tutti commossi, il fidanzato che si trova davanti praticamente a un’aliena (cambiare naso modifica completamente l’assetto facciale, non è come mettersi un paio di lenti colorate…) e se la stritola, tutto felice che la sua cozza sia diventata finalmente una principessa, il pubblico che applaude a tale scempio, le due "travestite" che si congratulano con la sciagurata.

Mah.

Poi arriva Lorena Forteza (o Fortaleza, non ricordo bene), sì, quella che ne Il ciclone snacchera  a tutto spiano sopra il tavolo facendo sbavare Leonardo Pieraccioni, che dopo una depressione ha messo su qualche chilo.

Anche lei si rivolge a Bisturi che la rimette in sesto dopo due settimane in un centro benessere, sotto gli occhi di mamma che assiste felice allo sciolgimento dei cumuli di cellulite.

Poi a un certo punto è il turno di un signore che si sentiva il dottor Spock e quindi voleva tranciarsi un pezzo di orecchio…

A quel punto, nauseata, cambio canale.

In pratica la De Filippi, con i suoi programmi, al confronto è una santa (Santa Maria, non suona neanche male…). In fondo fa ballare e cantare i ragazzi, il pomeriggio nel suo studio alcuni giovani fanno finta di corteggiarsi, il sabato sera uomini e donne in colpa si contattano a colpi di posta…

Ma qui si tratta davvero di perversione allo stato puro. Ma come cavolo si fa a inneggiare al chirurgo e costrurici sopra una trasmissione? Non bastavano le modelle anoressiche, la mummificazione della faccia con il botulino, le donne strafiche che guidano automobili negli spot pubblicitari, i "No martini no party"…

Adesso la chirurgia plastica è sdoganata addirittura dai programmi televisivi. Poco importa se oggi le adolescenti invece del motorino sognano di cambiarsi le tette. Vi rivcordate i ragazzi del muretto? Oggi sono diventati i ragazzi del silicone.

E ci si mettono pure i programmi televisivi…

Nopn c’è limite allo schifo di una società che ti inivita ad apparire, smantellando ogni resistenza dlell’essere.

A volte, però, si producono fenomeni ilari a riscatto di una celeste giutizia.

Conosco una tizia che si è rifatta le orecchie a sventola e ha taciuto il piccolo intervento anatomico al suo consorte. Solo che i tre figli…sono concorrenti di Dumbo.

Chissà se l’imbarazzata moglie ha spiegato al consorte la provenienza di quelle orecchie "importanti"?

Dovremmo solo imparare ad accettare la bellissima imperfezione che governa la vita, invece di scegliere una vita da lobotomizzati. Il bisturi vero, che nessuno vede ma che impera ovunque, è quello che recide l’intelligenza alla base.

Difendiamoci.

Cara Pivetti e Platinette, contente dei ritocchi del vostro Costanzo, mi fate venire in mente i replicanti di Blade Runner. E infatti, a volte, è proprio così:

Ho visto cose che voi umani neppure riuscite a immaginare…

 

 

p.s. questo post è scritto in Arial perché Il Mulino ha deciso di adottare questo font d’ora in poi…

 

 

 

 

 

A pochissimi giorni dalla morte della Fallaci sulle prime pagine della Repubblica continua a campeggiare la pubblicità del nuovo libro di Lilli Gruber..

Ed è comunque difficile non domandarsi quanto sia cambiato il giornalismo negli ultimi vent’anni, con la televisione e le nuove tecnologie.

Se la Fallaci indossava un elmetto nelle leggendarie fotografie del Vietnam, la Gruber che ci ha sorriso con le sue labbrone dal Medio Oriente portava il chador come si fosse  trattato di un foulard di Hermès.

 

Invece di bucare la mente trafiggendola con la punta affilata della scrittura, oggi bisogna bucare il video.

Lilli Gruber lo sa benissimo.

Lei, la Jessica Rabbit del giornalismo nostrano, è forse la summa più eloquente degli ingredienti del giornalismo televisivo contemporaneo: presenzialismo (è ovunque, approdata perfino nella Commissione Affari esteri di Bruxelles), fotogenìa e cura del look (guardate le foto sfavillanti nel suo sito www.lilligruber.net),  atteggiamento politically corret (in un politically ovviamente schierato), composto, retorico, scontato.

 

Come Jessica Rabbit, anche la nostra Lilli è assai seducente, con quel capello rosso fuoco (tinto) che si accende in televisione contrastato dal nero che perimetra, e tenta di contenere,  le sue scollature abissali.

Vogliamo fare i moralisti? Certo che no!

Però ci domandiamo, sconfortati, quanto l’apparenza, di nuovo, conti sull’essenza. Quanto le labbra a deretano di gallina contino più di quello che dicono. Quanto il viaggiare di molti  moderni reporter, intruppati in alberghi a infinite stelle, sia diverso dalle perlustrazioni di quegli avventurieri del giornalismo che giravano in Viet Nam, ad esempio, rovistando fra le storie in cerca della Storia.

 

Ma le epoche cambiano, e i giornalisti si adeguano. Finite le ere dei Terzani, delle Fallaci, dei Montanelli? Temo di sì.  

 

Oggi ci toccano le Jessiche Gruber impomatate, con quel successo mediatico che è un mix di immagine e parola “giusta”, critica ma non scomoda, severa ma non fustigatrice, commovente al punto giusto, regolata dalle frequenze della televisione che preme sulla parola, la costringe a piegarsi all’immagine mentre la faccia con le labbra arricciate schiocca baci  verso la telecamera.

 

Ai mezzobusti francamente io preferisco i busti interi. Quelli che con le loro gambe camminano e raccontano e poi scrivono. E che se ne fregano del loro look. E che non hanno un sito personale con una galleria fotografica degna di un servizio di  Vanity Fair.

 

Anche la Gruber ha fatto l’inviata, vero. Ma le sue sembrano gite. Come quando la Guzzanti faceva la parodia di Letizia Moratti in visita nella scuola pubblica, vestita da safari, a caccia di strani esemplari chiamati “studenti”.

Pure la nostra Lilli fa i suoi safari  nelle zone di guerra.

 

E oggi, non contenta di essersi seduta sulle poltrone di Bruxelles, sforna libri da salotto sulle questioni internazionali. Corretti, tremendamenti corretti. Politicamente corretti.

 

E finisce tra i più venduti, insieme ai soliti Vespa e affini.

 

Eh già, ci fa rimpiangere la Fallaci. Quella delle foto storiche, al fronte, con l’elmetto addosso. Unica civetteria, una striscia di eyeliner.  Unica avversione: il giornalismo cotonato, alla Jessica Gruber.