Come si sa gli dei intervengono abbastanza spesso, nell’Iliade, per indirizzare gli eventi e sancire l’esito della guerra. Sono forse le parti più estranee alla sensibilità moderna, e sovente spezzano la narrazione, disperdendo una velocità che, invece, avrebbe dell’eccezionale. Non le avrei comunque tolte se fossi stato convinto che erano necessarie.  Ma – per quanto sia brutto dirlo – non lo sono. L’Iliade ha una sua forte ossatura laica che sale in superficie appena si mettono tra parentesi gli dei. Dietro al gesto del dio il testo omerico cita quasi sempre un gesto umano che raddoppia il gesto divino e lo riporta, per così dire, in terra. Per quanto i gesti divini tramandino l’incommensurabile che spesso si affaccia nella vita, l’Iliade mostra un’ostinazione sorprendente a cercare, comunque, una logica degli eventi che abbia l’uomo come ultimo artefice. Se quindi si tolgono gli dei da quel testo, quel che resta non è tanto un mondo orfano e inspiegabile quanto un’umanissima storia in cui gli uomini vivono il proprio destino come potrebbero leggere un linguaggio cifrato di cui conoscono, quasi integralmente, il codice. In definitiva: togliere gli dei dall’Iliade non è probabilmente un buon sistema per comprendere la civiltà omerica: ma mi sembra un ottimo sistema per recuperare quella storia riportandola nell’orbita delle narrazioni a noi contemporanee. Come diceva Lukàcs: il romanzo è l’epopea del mondo disertato dagli dei".
(Alessandro Baricco, prefazione a Omero, Iliade)
 
No, Baricco. Hai davvero esagerato. Mi era sfuggita, questa tua trovata. Mi era sfuggita perché, lo confesso, i tuoi libri non mi esaltano, non mi seducono, malgrado le trappole disseminate ovunque con perfetta maestria. (Ho sempre preferito il Baricco dei tempi di Totem, quando dava il suo meglio come mattatore televisivo, come pifferaio magico che incantava le folle di lettori con le sue storie). E così non avevo letto, finora, Omero, Iliade.
So benissimo, sappiamo tutti benissimo, che in te brucia l’ardore creativo, che nelle tue vene scorre il sangue del genietto letterario prodigo di sorprese, di fioriture dell’originalità, di frutti narrativi caduti dall’albero delle invenzioni. Già, ti piace stupire. Fare quello che "lo famo strano". Solo che stavolta hai fatto…un oceano mare di castronerie.
L’Iliade senza dèi (sì, dèi, chissà perché ci si ostina a scrivere sempre "dei") è un’altra cosa. Altro che "forte ossatura laica che sale in superficie appena si mettono tra parentesi gli dei". Che stronzata. Che solenne stronzata.
Gli dèi non possono essere messi tra parentesi, nell’Iliade. Sono la sua stessa storia. La sua carne, il suo respiro, il sangue. Il compimento di ogni destino umano, la ragione stessa di ogni esistenza. Metterli tra parentesi è come fare un ragù senza carne.
Basta. Basta con questa ossessione tutta moderna di vedere nel sacro un’opzione arbitraria, un reato caduto in prescrizione nei nostri tempi moderni. Basta con la pretesa di laicizzare tutto, anche ciò che laico, per sua natura, non è. E non è questione di "contemporaneità" o di mondo arcaico, ma di essenza. "Se quindi si tolgono gli dei da quel testo, quel che resta non è tanto un mondo orfano e inspiegabile quanto un’umanissima storia". Ma che dici, Baricco?
Il tuo Achille è dunque solo un incazzoso guerrafondaio, muscoloso come un giocatore di wrestling? Un "ti spiezzo in due" nipotino di Rocky?
Dove le sue origini divine, dove? Guarda che Achille uccide Ettore proprio perché non è un comune mortale…
E che dire di Elena, prima "troia" della storia che molla il marito così, tanto per sfizio? Solo una donna bellissima, bella perché così mamma l’ha fatta, capace di posarsi come un rapace sul cuore degli uomini?
E di Ettore, il fiero Ettore, ridotto qui solo a un uomo leale che si batte per la sua patria?
Che aiuta il maldestro fratello?
Guarda, caro Baricco, che senza gli dèi loro, semplicemente, non sono. Altro che "umanissima storia".
Gli dèi intervengono, consigliano, depistano, pesano i destini dei protagonisti affinché accada tutto ciò che deve accadere.
Perché si tratta di una  storia disegnata in cielo e proiettata sulla terra.
Allora, a quel tempo, l’uomo e gli dèi si intrecciavano nelle canzoni tramandate di generazione in generazione. Lassù, nell’Olimpo, gli dèi governati da Zeus legavano a loro gli umani destini, mentre le Parche tessevano i fili della danza eterna di Vita e Morte.
Non puoi infilarti nell’Iliade come un bracconiere e farne il tuo terreno di caccia, Baricco.
Non puoi fare della selvaggina libera carne da macello solo perché hai deciso di usare il racconto di Omero per farne un’ennesima tacca editoriale (a glorificazione del tuo narcisismo).
Non hai capito una mazza di Omero. Nè hai capito qualcosa di quello che tenti di raccontare, se pensi che eliminando gli dèi rimanga qualcosa di simile a una storia compiuta.
Accidenti, Baricco. Mi fai passare per reazionaria. E invece sono solo una che, anni fa, è inciampata nel mondo antico e ha cercato di capirci qualcosa (quel qualcosa è ancora troppo poco, in realtà, eppure la mia esperienza pulviscolare mi permette comunque di capire l’assurdità della tua operazione "letteraria").
E che insieme ai  romanzi "laici", classici e contemporanei, ha scoperto anche il mondo dei miti, delle leggende, delle tradizioni antiche sparpagliate nel mondo. E ha scoperto gli dèi. Che non le fanno più così tanta paura, adesso. Mentre per molti altri intellettuali, rigorosamente laici e di sinistra, quegli stessi dèi rimangono sempre uno spauracchio, un elemento di disturbo in opere altrimenti bellissime, una zona d’ombra nel sole della cultura.
Eppure, guarda, perfino un "ragazzaccio" come Benigni si è in qualche modo inginocchiato davanti al Dio delle suggestioni dantesche (a proposito, perché non gli hai proposto di riscrivere La Divina Commedia epurandola dai Satanassi e dai Cherubini?).
Di nuovo, c’è, nell’"intellighenzia" moderna, un pregiudizio mostruoso nei confronti del sacro. Quello stesso pregiudizio che ti fa "mettere gli dèi tra parentesi".
Se solo avessi anche una microscopica, reale conoscenza del mondo antico non avresti mai sparato cazzate simili.
L’essenza dell’Iliade è spirituale. Profondamente spirituale. Fa paura? Dà fastidio? Benissimo. Lasciamola stare, allora.
Ma è molto à la page, oggi, riscrivere il passato. Shakespeare al cinema è diventato il soggetto di rimaneggiamenti in chiave moderna (uno per tutti, Romeo + Giulietta) che non hanno fatto altro che marcare l’universalità di quelle opere.
Già, ma se tu, Baricco caro, rimaneggi  l’Iliade usando una narrazione fluida, in prosa, mettendola nelle mani di tanti io narranti quanti sono i portagonisti che decidi di far parlare, perché non puoi farlo restituendo all’opera la sua matrice, cioè gli dèi?
Guarda, ti dico una cosa. Pensa che in America, quando si fanno i film, per essere sicuri di una trama efficace gli sceneggiatori inseriscono gli eterni elementi del mito, accertandosi che nelle storie ci siano un Marte, una Venere, un Giove, un Mercurio.
Capisci? Non un Ettore, un Enea, una Elena…
Gli dèi, caro mio, sono "forme dell’anima", come dice Campbell. Ti dà meno fastidio, detto in questa maniera? Sono soffi eterni che ancora oggi vivono nostro malgrado. Il richiamo di questi archetipi è usato, infatti, al cinema come in letteratura. Che se ne siamo o meno coscienti.
Te lo dico perché se tu avessi davvero capito l’Iliade, che hai preteso peraltro di ri-raccontare (a me, personalmente, bastava Omero, comunque), avresti fatto un lavoro onesto, e non un’opera da baraccone.
A proposito, ma quando si dice "il fuoco sacro della scrittura" che fai? Togli l’aggettivo?