"Dal fondo remoto del corridoio, lo specchio ci spiava. Scoprimmo (a notte alta questa scoperta è inevitabile) che gli specchi hanno qualcosa di mostruoso. Così Jorge Luis Borges.
"Non si dovrebbero lasciare specchi appesi nelle proprie stanze più di quanto si debbano lasciare in giro libretti di assegni aperti o lterre in cui si confessano orrendi delitti", aggiunge Virginia Woolf.
E Isaac B.Singer: "Quando un demone è stanco di rincorrere il tempo passato o di girare sulle pale di un mulino a vento, può prendere dimora in uno specchio e rimanervi appostato come un ragno, con la certezza che la mosca gli capiterà a tiro"
(Alfonso Lentini, Piccolo inventario degli specchi, Stampa Alternativa)

"Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?" domanda la strega di Biancaneve. Lei sa, sa bene che lo specchio ha un grande potere. E vive di vita propria, autonoma da chi vi si ammira.
Se è vero che lo specchio non è solo strumento luciferino (quello in cui Borges incrocia l’orrore della moltiplicazione), luogo in cui l’Io ammira sé stesso, come fa Narciso fino a smarrirsi quando si specchia nella superficie dell’acqua, è anche vero che da sempre evoca atmosfere umbratili, notturne, connesse con la magia.
Lo specchio è magia, porta di accesso verso altri mondi?
Pare che Cagliostro, discussa figura vissuta alla fine dell’ottocento, ne conoscesse bene i misteri. La superficie riflettente sarebbe in grado, per alcuni, di proiettare l’uomo fuori dalla materia, verso le dimensioni più rarefatte.
Chissà.
Le fiabe, comunque, ne hanno narrato il magico mondo, spesso infero, legato al Male, al mondo del sottosuolo.
Il suo fascino è certamente innegabile, così come la sua potenza evocativa. Ho visto persone coltissime, razionali, attraversate da un’ombra davanti allo specchio che si rompeva, evocando, come narra la tradizione, sette anni di miseria e sfortuna.
Specchi rotti, specchi interi, specchi magici.
L’uomo che si trova davanti all’immagine riflessa (in cui le direzioni si invertono, interessante) guarda davvero?
Tante volte ho pensato che senza gli specchi saremmo costretti a guardarci davvero nell’unico luogo capace di riflettere davvero il senso e il moto della nostra esistenza, quello, cioè, del nostro prossimo.
Ma quanto è difficile.
Eppure, una parte di noi conosce realmente l’evanescenza di quel doppio che ogni mattina ci saluta, magari un po’ stropicciato, appena mettiamo piede nel nostro bagno.
Ma preferiamo ignorarla, fissandoci sui dettagli che ci rassicurano, che raccontano "la materia" della nostra esistenza.
C’è chi ne fa un feticcio, o addirittura una morbosa estensione di sé. Forse ci rassicura, nascondendo le nostre "brutture" dietro l’aspetto brillante che ostentiamo pubblicamente.
Ci mette confini (non avere confini spaventa), adulando l’Io che vuole farla, sempre, da padrone.
E se invece fuggissimo, come fa l’ombra birichina di Peter Pan?