Alcuni di voi conoscono sicuramente Le Vie dei Canti, il libro dello scrittore inglese Bruce Chatwin. Narra della mappa aborigena australiana, fondata sul "canto" con cui, nel mito aborigeno della creazione, tutte le cose ricevettero la vita: la vegetazione, gli animali, i cieli, la terra…

Le Vie dei Canti, o songlines, sono un percorso sacro in cui i luoghi australiani sono anima-ti attraverso il suono della creazione. Un percorso magico che collega l’uomo alla sua natura spirituale.

Chatwin viaggiò in Australia, e in molti altri paesi, usando cavalli, cammelli, macchine, treni. E i piedi. Camminò spesso, una volta lo fece perfino nudo, senza vestiti addosso.

Ma Chatwin era un viaggiatore vero. Un altro viaggiatore vero, Tiziano Terzani, girò l’Asia in un lungo e in largo per un anno senza prendere nessun aereo, con la scusa del famoso indovino.

Il problema è che oggi ci mancano il tempo e la voglia per viaggiare sul serio. Nel mondo moderno le Vie dei Canti sono state sostituite dalle più comode Vie degli Aerei. Ma non è la stessa cosa.

Il viaggio una volta faceva parte della meta stessa. Oggi invece viene vissuto come un intermezzo da liquidare in fretta, come una mosca fastidiosa. Meno scali ci sono, meglio è. Meno soste tra noi e l’agognata meta, meno tempo sottraiamo alla nostra vacanza. Beh, è comprensibile in una vita scandita dalle ferie fantozziane e dal tran tran quotidiano imposto dal nostro progredito sistema di vita.

Però è meglio non dimenticarci che questo ha finito per smarrire le nostre Vie dei Canti (sostituiti semmai dai tormentoni estivi di cui parlavamo nell’ultimo post).

Il mondo moderno coincide con le Vie degli Aerei che segnano le rotte e gli incroci possibili. Così il pianeta si anima perché viene "cantato" dal rombo dell’aereo (non importa se volo charter o di linea), esiste in quanto collegato da quegli enormi uccelli metallici che guizzano nei cieli di tutto il mondo traslocando persone.

Una volta, approdare in  un posto era un’emozione che veniva gustata in progressione, annusando le sfumature dei paesaggi, cercando le varianti delle atmosfere, la mobilità dei linguaggi e delle popolazioni.

Quando a bordo delle navi che li portavano al di là dell’oceano, là dove pulsava "Lamerica", gli immigrati scorgevano il fazzoletto di terra su cui svettava la statua della libertà, vivevano il vibrante scatto finale di un itinerario estenuante, fatto di giorni d’acqua e di sale.

Meglio ancora era il treno, dai cui finestrini il viaggiatore osservava le mutazioni di latitudini e longitudini.

E poi una volta si viaggiava molto a piedi.

Oggi chi cammina più? Perfino il pellegrinaggio a Santiago de Compostela è stato smantellato del suo significato più profondo; ridotto a nugoli di persone che percorrono i dimezzati kilometri previsti per l’arrivo a Finisterre…a bordo di autobus e macchine che sfrecciano a tutta velocità. Prego Signori pagare il biglietto, il Compostela Holy Tour è in partenza. Bah.

Anche quella era una Via dei Canti.

Ma oggi si viaggia in aereo, tutti contenti di ritrovarsi a casa in ogni aeroporto: tutti uguali, gli aeroporti, manco fossero fatti con lo stampino; stessa struttura, stessi servizi, stessi gates, stesse frasi internazionali che ci fanno sentire Fratelli del Globo. Please all passengers directed to New Delhi gate number 6. First numbers from 1 to 70.

Così passiamo tranquillamente dall’inverno italiano all’estate cubana in un batter di ciglia. Come in un sogno, basta dormire un po’ e voilà, resta di stucco è un Barbatrucco: siamo dall’altra parte del mondo.

Beh, si perde qualcosa. Si perde il viaggio che si fa meta. Perché grazie a Dio il mondo non è tutto uguale, non ancora almeno, come accade con gli aeroporti, e i duty free shop (tutti gemelli come le catene Sidis o la Coin) sparsi nel pianeta trattengono i turisti coglioni ma allontanano il viaggiatore curioso che non vede l’ora di abbandonare la città aeroportuale per respirare aria vera.

Gli aerei collegano ogni angolo del pianeta, sono i simboli del viaggio globale ci permette di fare quello che Verne sognava in molto più tempo (a bordo di un Concorde il giro del mondo è un vezzo da ricchi da festeggiare consumando champagne).

Ma come dovevano essere belle, una volta, le Vie dei Canti. E, sulle loro tracce, i viaggiatori attraversavano il mondo in un tempo "vero", molto più vero del tanto inneggiato "tempo reale" che muove oggi ogni azione.

Ma perché, partire dall’Asia e arrivare in America quasi nello stesso giorno è davvero così "reale"? E fra i due continenti che c’è? C’è il rombo di un areo, ecco che c’è.