Lucrezia Borgia

Oggi ci scandalizziamo per i fotoritocchi al computer. Il loro uso è quasi selvaggio,  tanto che i grafici si specializzano nelle acrobazie garantite da Photoshop perché aumenta la resa e il lavoro.

Le foto dei personaggi celebri mostrano deretani, seni, muscoli, visi e corpicini scolpiti. Tutti belli, precisi, appetibili.

Tutti taroccati. Anzi, ritoccati.

Da qui lo scandalo di alcuni.

Certo, non è bello sapere che quasi sempre abbiamo davanti un’immagine posticcia alla quale hanno tolto qualche chilo di troppo oppure hanno sollevato un poco le tette con un sapiente gioco di ombre cinesi…

Il problema è che il computer oggi rende tutto immediatamente trasformabile grazie al controllo del virtuale che si fa realtà tangibile.

Però il fotoritocco non nasce certo con internet che, in realtà, ne meccanicizza e ne esaspera, moltiplicandole quasi all’infinito, le possibilità.

Prima della fotografia esistevano solo i dipinti: paesaggi e persone restituiti da mani sapienti. A volte…molto sapienti.

In effetti pare che i ritratti dei personaggi celebri – conti, imperatori, duchi e duchesse, regine e principi che hanno fatto la storia degli ultimi secoli – siano spesso stati abbelliti. Come nel caso di Lucrezia Borgia, miscuglio di fascino e ombra che ancora oggi seduce con la sua vicenda. La vediamo in molti quadri d’autore che ne esaltano i tratti delicati e allo stesso tempo profondi. E tuttavia a un certo punto i critici d’arte hanno scoperto che un anonimo ritratto raffigurante quella che sembrava una giovane qualunque in realtà rappresentava lei, Lucrezia, diciamo…"prima della cura". Il naso più ingombrante, gli occhi leggermente infossati sparirono poi dai ritratti ufficiali.

E non toccò solo a lei.

La fedeltà nel ritratto di sangue blu rischiava di essere viziata dal peso di una raffigurazione idealizzata, un po’ come si faceva con le antiche statue greche e romane che rappresentavano gli dèi (uno per tutti, il magnifico Apollo di Veio).

Solo che gli déi erano déi, ovvero "forme dell’anima", come scrive Campbell. E’ giusto che un dio sia Armonia e Bellezza suprema.

E tuttavia anche  nel sangue reale si coagulava l’incarnazione divina. Di qui probabilmente la necessità di quel bello ideale ispiratore – nella resa pittorica – di molte lusinghe estetiche laddove la natura era stata poco generosa con il soggetto.

Ingentilire i tratti era una pratica diffusa quando si dipingevano per stirpi "patrizie".

Addirittura alcune regine non più giovani continuarono sempre a mostrare vent’anni in una eterna primavera anche nei ritratti dipinti durante il loro autunno.

Insomma, ritratti simili a quello di un Dorian Gray che non solo rimane giovane ma diventa anche più bello sotto lo sguardo dell’artista di turno.

Si sa, l’uomo da sempre insegue la bellezza non corrotta dal tempo, in un anelito costante che dona all’arte le visioni più suggestive. L’incanto senza tempo del Bello si fa struggimento, tensione verso.

In molti casi i visi e i corpi dei soggetti nobili venivano magnificati attraverso opportune aritmetiche dell’estetica; addizioni e  sottrazioni studiate per ritoccare i tratti, ingentilirli e abbellirli.

Ritoccare, appunto. Un fotoritocco artistico, manuale, dal sapore di un tempo perduto che non è più.

Ma chi si scandalizza troppo per l’uso di photoshop forse dimentica questi "interventi" pittorici.

Si sa, il bello è una tentazione irresistibile. Come  sapeva bene anche Dorian Gray.