Stanotte ho sognato gatti. Forse un sogno non molto felice. C’era un cucciolo di tigre che assaliva Anakin-  il mio bellissimo micione grigio – e poi si avventava su un altro gatto ancora, un gatto frutto della finzione onirica. Bianco, bellissimo. Cucciolo anche lui.

A un certo punto mi accorgo che il gattino bianco è ferito: sul suo pelo immacolato, lucente come le distese di ghiaccio, spunta una macchia rossa dalla ferita aperta. E mostra uno squarcio di carne che si apre nella profondità del corpo.

Il contrasto tra il rosso e il bianco mi ha molto colpito.

Mi ha fatto pensare a una scena antica, vista tanti anni fa in televisione.

Un coniglietto ferito da un predatore lasciava macchie di sangue sulla neve, con la quale condivideva il bianco assoluto.

Quelle gocce rosse, stagliate sulla distesa di neve, scandivano gli intervalli del sangue, dando un ritmo sinistro ma allo stesso tempo affascinante a quel bianco privo di forma e di tempo.

Ecco, ho provato di nuovo la stessa sensazione.

E ho pensato alla magia del bianco e del rosso. Uno simbolo di purezza, l’altro di passione.

Echi alchemici si affacciano nella memoria mentre rivivo, a occhi aperti, il bagliore di quel contrasto.

E penso che i sogni sono così misteriosi. Hanno un codice universale e al contempo privato, di cui ciascuno possiede la chiave.

Sognare i gatti, poi, è un po’ faccenda da strega.

Sono esseri strani, misteriosi. Legati alla luna, all’eros e ai misteri notturni.

Una mia amica sostiene che se una persona detesta i gatti o i piedi nudi siamo in presenza di un inconfutabile indizio di problematiche legate alla sessualità. Senza scomodare Freud,  sono certa certa che questa creatura ha a che fare con significati sottili e profondi.

E oggi, nell’ora di veglia, il gatto bianco, il gatto ferito, torna a trovarmi.

E mi sembra che quel bianco e  quel rosso abbiano qualcosa da raccontarmi…