Faccio parte di quei matti che cominciano a pensare sul serio che la “decrescita felice” sia l’unica virata possibile (ammesso che sia ancora possibile virare) per salvare noi stessi e il pianeta.
Il consumismo è  la vera, grande illusione di massa del passato millennio. L’idea che per “essere” devo “produrre” e  “consumare” è terribile. Ed è, soprattutto, falsa. Tutto, intorno a noi, riesce a consumare quanto necessario: piante e animali vivono in modo “sostenibile” (ecco, ci tocca pure trovare espressioni assurde per spiegare il nsotro assurdo modo di vivere: se dico che esiste un modo “sostenibile” ammetto, con evidenza, ,a “non sostenibilità” del comune modo di vivere). Solo l’uomo, il grande virus che infetta il pianeta (siamo il batterio killer più pericoloso, con buona pace degli hamburger francesi), riesce a distruggere a dismisura crescendo sulle rovine di ciò che ha devastato. Così fanno i parassiti, di solito.
Siamo a un bivio? Probabilmente quel bivio è stato superato. Forse siamo a bordo del Titanic, adesso, e continuiamo a ballare nei saloni mentre, nella nebbia, avanziamo verso l’iceberg che ci affonderà. E niente scialuppe, stavolta, nemmeno per la prima classe.
Quando la natura si ribella, diventa davvero democratica: classe unica, biglietto gratis per tutti.
Per “crescere”, in realtà dovremmo “decrescere”. Sembra un paradosso, nell’era dell’opulenza, del lusso arrogante, delle nuove grandi potenze che copiano il nostro distruttivo modello accelerando la fine.
E’ buffo, sì. Per crescere bisogna decrescere. In fondo, anche per andare avanti bisogna tornare indietro. Eccola, l’altra grande illusione: la vita è una linea retta. No, la vita è una curva di Gauss. Le linee rette, priettate verso l’alto, esistono solo nelle pubblicità.
Dunque è possibile imparare a rinunciare per vivere? Beh, sì. Basta buttare via le illusioni. Eppure il nostro sistema di false credenze è tutto centrato sull’asse Produzione/Consumo.
Ma più “ho”, meno “sono”. Lo sapevano bene, gli antichi saggi.
Tuttavia, ‘idea di “spossessarci” delle cose ci atterrisce. E proseguiamo, accumuliamo cose, oggetti, rifiuti indifferenziati di cui, ipocritamente, ci liberiamo gettando nelle discariche anche la nostra coscienza.
L’esistenza globalizzata invita a chiudere gli occhi, a non guardare. C’è chi si è accorto, però. Chi mette in dubbio che la succulenta bistecca di Matrix (ricordate?) sia solo la proiezione illusoria di un falso benessere. Cominciare è difficile. Fa male, all’inizio, rinunciare alle cose. Liberarsi è tremendo proprio in virtù dei nostri attaccamenti.
Tanti anni fa, in America, nei supermercati vedevo le prime distese di alimenti declinati all’infinito (tanto per fare un esempi: un intero scaffale di “latte”: latte kd, latte k, latte alle vitamine C D E Y Z, latte al cioccolato, alla vaniglia, latte di soia, latte di soia per magri, latte di soia per grassi, latte di soia per depressi, latte senza grassi, latte senza latte e via delirando).  In Italia, si sa, le cose “americane” da noi arrivano con un decennio di ritardo, dunque all’epoca avevamo “solo” quattro o cinque tipi di latte, ma abbiamo recuperato, accidenti, se abbiamo recuperato). Ecco, quell’esempio si è impresso nella miamente, quel paese di Balocchi in cui ci tufiamo dando la mano al nostro Lucignolo ci farà finire…nel ventre della balena.
La fatina non c’è. L’abbiamo consumata, come facciamo con tutto.
Sarà finita nell’ennesima discarica abusiva.
Non possiamo continuare a pensare di farla franca. I conti, si sa, arrivano sempre. E più tardi arrivano, più aumenta il tasso di interesse. Ma stavolta non c’è banca, né americana né cinese,  che risolvi i nostri poblemi di “liquidità”.
Perchè quindi non privare a decrescere? Perchè è faticoso. Perché bisogna demolire le nostre abitudini, i nostri comodi sistemi di pensiero. Ci siamo fatti fregare. Da cosa? Da un sistema che inneggia alla dispersione, al furto, al saccheggio. Le risorse della terra non sono infinite. La terra non è al nostro servizio. Disponde di energie ma anche di equilibri che, se non rispettati, ci piovono addosso come pietre dal cielo.
Non vogliamo vederli, tutti i segni che arrivano. E l’iceberg si avvicina.
Alcuni, più coraggiosi, hanno deciso di svegliarsi e cominciano a vivere con meno, e scoprono di vivere meglio.
Del resto, cosa faccio con tre case e due barche se ogni settimana rischio il collasso lavorando giorno e notte  inquinando, inquinando, inquinando. Compro, consumo, butto, spreco. Cresco, ma cresco come cresce un virus, mi moltipico sulla distruzione della vita. Il povero virus viene fermato, a un certo punto. Noi no.
Ma se per un giorno, un giorno soltanto, proviamo a contare tutte le cose inutili di cui ci circondiamo, forse, dico forse, ci accorgiamo che “meno” è “meglio”. La scommessa è svegliarsi in un mondo che dorme. Pillola azzurra o pillola rossa?