Svegliarsi all’alba, quando si è stanchi e si vorrebbe – e potrebbe – dormire, non è mai piacevole.

Eppure qui, nella casa dei miei, nelle Marche, i vagiti del mattino mi regalano sempre una carezza speciale. Perché questi mattini sanno di rugiada e di oro. Umidi e freschi di brezza marina, non conoscono il plumbeo torpore delle albe metropolitane.

Qui la luce è ancora quella del primo sole che si affaccia sulla veranda per segnalare il colore del mare. Non odo macchine ma solo silenzi, benedetti silenzi in cui si infila il vociare allegro degli uccelli che, come bambini odorosi di vita dopo il loro sonno, annunciano le promesse del giorno.

E allora svegliarsi presto non è tormento ma gioia. Le fatiche di pensieri agitati che hanno interrotto il riposo notturno sono ammorbidite dalla coscienza del mare che, a poca distanza da qui, distende le sue membra liquide e si stropiccia sulla battigia.

E penso a come sono tristi le città, con quelle luci artificiali che nascondono l’oro del primo cielo.

I movimenti del giorno, qui, in questa cittadina non ancora ghermita da troppa "civilizzazione", hanno ancora il gusto antico della natura, conservano il respiro del borgo in cui la vita somigliava di più al ciclo della luna e del sole, coincidendo con questi ritmi.

Nessuna luce artificiale, per quanto bella e potente, somiglia neppure per un istante all’oro del sole mattutino.

Quell’oro che qui, in provincia, brilla nelle campagne profumando la terra di buono.