Rotti

come frammenti

di una stella fuggitiva

viviamo.

I nostri pezzi restano

alla curva del sogno

(Maria Guerra)

 

Non lo so. Non lo so. Non so perché questo periodo dell’anno porta con sé un’arcana mescita di memoria e dolore.

Sempre l’uomo insegue una traiettoria. Ma è quella giusta? Sconfina nelle illusioni o si mantiene, eretta e salda, entro i confini di ciò che scegliamo, vogliamo davvero?

Mi sono affacciata più volte sulle scogliere della mia mente. Da lì ho osservato le maree dei miei desideri, il rifrangersi costante delle emozioni sulle rocce lambite dal sole, acqua che scorre acqua che corre acqua che muore acqua che nasce dolore che torna abisso infinito notturna predazione del sogno acqua salata di mare bagnata.

E così ho spesso vagabondato lungo le coste dell’anima, incapace di attraccare, forse per codardia, forse per un tremore improvviso. In quel luogo la traiettoia chiarifica il sentiero che dovremmo percorrere, è lì che la stella cadente si ferma, sospesa nello spazio e nel tempo, zampillante, ebbra d’amore.

Altrove, nei mari della mente attraversati dalla rotta costante di un’emozione, non saprò mai davvero.

E la memoria, sutura di ogni ferita e al tempo stesso lama tagliente, adesca le piccole barchette in viaggio, canta il canto della Sirena. Non c’è albero maestro cui legarsi, in questo caso. Né ormeggio cui anelare.

Dondolandosi sul vento di un ricordo, ecco che, sospirando, cerchiamo ancora i confini del sogno.