Accadde inaspettatamente.

Credevo di aver ormai perdonato tutto a mia madre.

Fu all’inaugurazione di una mostra: una conoscente mi chiese perché tutte le mie sculture raffiguranti corpi femminili sembravano erose, scavate da dentro. "Anche quando il vuoto non si vede – disse – quasi lo si avverte, immediatamente sotto la pelle di marmo", benché in marmo ne avessi scolpita solo qualcuna, per di più di piccolo formato. Tendevo a evitarlo, il mio materiale è il legno".

(Slavenka Drakulic, Pelle di marmo)

 

Pelle di marmo è un romanzo che fa male. Racconta del triangolo del desiderio fra una figlia, una madre e il suo compagno.

Ma la narrazione va oltre: scava nei recessi dell’anima per tirare fuori il nodo del femminile, quello del rapporto madre-figlia che, quando non funziona, genera mostri e fantasmi.

"La madre è la pietra d’inciampo di ogni donna", scrisse una volta la psicanalista Anna Salvo.

E questa pietra d’inciampo nel romanzo si fa marmo, distanza, freddezza.

Finché la figlia non avrà raggiunto e superato sua madre, non potrà mai esistere per davvero. Esisterà solo nel dolore, negli spettri della memoria, nella non compiutezza di un quotidiano esasperante.

Se la madre è quella che ci salva, è anche quella che ci danna. Per questo la mater terribilis presente in  ogni tradizione antica aveva la valenza distruttiva, umbratile, che si affiancava a quella clemente, radiosa, rassicurante.

Per ogni Maria c’è anche una Lilith.

Fare i conti con la "pelle di marmo" sulla quale è scivolata una infantile richiesta d’amore può essere molto difficile.

Perchè il marmo non accoglie, non coccola, non avvolge. Le manine incontrano il ghiaccio mentre desiderano invece una radura gremita di margherite assolate.

Così quelle mani, una volta adulte, scolpiscono la ferita e le danno forma, corpo, perimetro.

Mentre in realtà non c’è perimetro, né frontiera, che contenga questo dolore arcaico insediato nell’anima.

A volte i romanzi possono essere impietosi, crudeli. Ma raccontano pezzi di realtà.

Questa storia raduna tutte quelle bambine che hanno toccato, tremanti, la perfezione fredda della pelle di marmo.

E, foss’anche per un solo istante, le libera.