Da domani sentiremo molto parlare, e scrivere, su Oriana Fallaci.

Benissimo. Giusto. Se ne va una voce importante che, nel bene e nel male, ha segnato il pensiero occidentale negli ultimi cinque  anni, dopo l’11 settembre.

Oriana ci aveva abituato alle sue invettive, la sua vena polemica già negli anni giovanili emergeva con prepotenza, si infilava in quel mondo maschile che lei, sigaretta alla borsa e zaino in spalla, sfidava nei suoi reportage, nelle sue incursioni nelle zone di guerra.

Ci ha regalato pezzi di storia del Vietnam, quei pezzi "veri" dei reporter che, lontani dalle comodità del computer, con il taccuino giravano,  indagavano, frugavano nelle vite delle persone per catturarne pezzetti di una realtà da ricomporre (la Fallaci in un’intervista disse che il giornalista vive la storia in diretta, ed è lui stesso a scriverla in tempo reale).

Ci ha regalato un libro indimenticabile, Oriana, forse l’unico vero libro pieno d’amore che abbia mai scritto. Un uomo rimane la testimonianza più alta non solo della sua scrittura ma anche della sua capacità di vibrare nelle sfumature dei sentimenti, braccandoli senza tregua come un lupo con un coniglio ferito.

Poi però negli ultimi anni il tumore aveva forse scavato nella rabbia. Rabbia contro il mondo, contro il sistema di potere, contro ogni manifestazione di barbarie che, a suo avviso, resisteva in oriente al flusso civile della occidentalizzazione.

"Ho visto Bin Laden ed era il demonio".

Affermazioni estremiste, radicali, senza possibilità di appello. Senza punto interrogativo, senza aggancio per la discussione.

Sicuramente nutrite da un paese in cui la bandiera nazionale sventola in ogni casa, dal vivere nell’anima di quel continente che divide il mondo, oggi più di ieri.

Stasera a cena un amico mi parlava del suo coraggio nel dire cose scomode, e nel portarle avanti fino alla fine.

Pur non condividendole, non in pieno almeno, ho dovuto ammettere che aveva ragione.

Sicuramente è stata una donna "con le palle". Troppe, forse. Però non scordiamoci che a volte può esserci un certo compiacimento nell’essere scomodi.

Oriana ci ha lasciato libri preziosi, e una critica feroce sull’Islam e sulle dinamiche internazionali.

Peccato che, da domani, si scatenerà l’epitaffio post-mortem, pieno di enfasi, di mitizzazioni. Come sempre, la morte ci sottrae dai perimetri angusti della carne e ci trasporta nell’Olimpo degli dèi.

Da lassù, da quel mondo impalpabile in cui la carne si è fatta soffio, brezza notturna, silenzio, i resti mortali vengono lasciati agli umani perché li addobbino con le loro parole.

E così il morto diventa sempre un po’ "speciale". Soprattutto se è un morto famoso, un morto che ha contribuito a scrivere la Storia.

Ma di lei mi piace pensare che non era solo l’Oriana che verrà celebrata, discussa, che di nuovo scatenerà fazioni e reazioni.

Mi piace pensare che era Una donna. Una donna.

aggiornamento del 19 ottobre: leggi su www.stylos.it la rassegna stampa sulla Fallaci