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La mia Istanbul

Viaggio di una donna occidentale attraverso la Porta d'Oriente

 

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Le polemiche sull’introduzione negli aereoporti  degli scanner per rivoltare come calzini i viaggiatori mi lasciano piuttosto perplessa. Tutti le apologie della privacy vanno a farsi friggere davanti all’ipotesi di diventare tante polpettine celesti (e allora sì che dal cielo…piovono davvero polpette, alla faccia delle animazioni recenti!!), e questa è una considerazione – mi pare – ovvia.

Ma quello che mi fa pensare di più è questa strenua difesa di una privacy ormai inesistente. Di noi sanno tutto, siamo un insieme di numeri e pin (carte di credito, bancomat, numeri assicurativi, passord e id vari sul web, conti domestici e professionali, patenti, passaporti, targhe di macchine e moto e via dicendo, cellulari,) aumentati in modo esponenziali con l’avvento del web.

Insomma, il Grande Fratello ci osserva da tempo. E noi, invece, a guardare come imbecilli il Lunedì sera della Marcuzzi. A pensare, come furbi presunti, che siamo noi a frugare nelle vite degli altri, a "scannerizzarne" emozioni e comportamenti, tette e tartarughe.

E poi Facebook, le webcam, e tutti gli altri strumentini virtuali da buco della serratura…

Chi più ne  più ne metta; la privacy è perduta da tempo.

Dal tempo dei pudori, della bellezza del nascondere e svelare pian piano, dalla gioia di un clima intimo, non urlato o narcisisticamente sbandierato nel reality televisivo di turno; dal tempo della dignità e della nobilità d’animo, del piacere di essere anonimi, liberamente anonimi perché l’essenza conta più dell’apparenza, dal tempo dell’essere che prcedeva quello dell’immagine, dal tempo ormai lontano che non è più.

Oggi NON vogliamo la privacy se non quando ci fa comodo sul serio.

E, soprattutto, non pensiamo al controllo pervasivo che ci domina tutti, governano ogni azione che crediamo "solitaria" o clandestina.

Non possiamo nemmeno spostarci con la macchina o il telefono cellulare senza che qualcuno, nell’etere, sappia estattamente dove ci troviamo.

Bella privacy.

Perché gridare allo scandalo, allora?  Perché tanto rumore per uno scanner che, tutt’al più, ci protegge?

Certo, saremo visti come mamma ci ha fatti (anche se le immagini sono saranno volutamente nitidissime). O come…non ci ha fatti. Immagino sfilate di siliconi, tiraggi facciali, inserti posticci sparsi tra deretani e davanzali…Ecco, tutt’al più lo scanner dovrà controllare che dentro gli innesti non ci sia tritolo al posto del silicone.

O forse, temiamo che le nostre tettine calanti o i pisellini stile "moscio-vileda" vengano illuminati per un secondo, mostrando le nostre fragilità estetiche.

Siamo così vulnerabili? Francamente, guardandomi intorno nella società, guardando ovunque, dai giornali al web alla televisione, passando per locali, serate e spiagge marittime, non pare proprio.

Preferisco la sicurezza.

E preferisco la consapevolezza che la privacy che a tratti difendiamo così strenuamente…ci è stata tolta da molto tempo.

E se farsi scannerizzare è proprio un problema…esiste sempre la foglia di fico.

La famosa foglia di fico.

 

Caro Babbo Natale,

portami un mondo migliore.

Fa’ che Berlusconi non trasformi il PDL nel Partito dell’Amore chiamando Sandra Milo e

e che Bersani non trasformi di nuovo il PD nel PDS, il Partito Dei Sith che lancia Moschee in testa a Maroni

e fa’ che di Pietro non trovi un coperchio per la pentola del Diavolone.

Fa’ che l’Amministratore Delegato delle  Ferrovie non intitoli una nuova rete ferroviaria "Viaggi e pic-nic sottocoperta"

e che la neve, la prossima volta, ci avverta una stagione prima quando intende scendere

che da noi i trenini sono molto particolari: quando è estate sono troppo caldi e quando è inverno sono troppo freddi

E poi, Babbo, regala a escort e trans un domicilio fisso dove i politici possano andare senza bisogno di fare feste e usare l’auto blu

e non scordati le raccomandazioni e le strisce di coca, portagliene così tante da farli tutti contenti in modo che se la piantino di romperci i maroni…

Fa’ che il TFR non sia prelevato e che non diventi  il Tuo Fondo Ridotto

E che il nuovo anno porti finalmente uno spiraglio su questa crisi che ci ha tolto panettoni e torroni.

E a proposito dei panettoni, non dire ai Leghisti che sono fatti con l’uva sultanina che viene dalla Turchia, che altrimenti mangeremo solo pandori

oppure panettoni con l’uvetta di Montepulciano.

Caro Babbo, sono molto triste per questo paese che non mi piace più

e questo mondo che non riconosco

Non puoi fare qualcosa invece di pensare ai cavoli tuoi e bere solo la Coca Cola?

Guarda che ti è venuta una bella panza.

Perché non ti fai un amaro Luciano?

E poi, con tutte le renne che hai, non puoi regalarcene un po’ così l’anno prossimo sappiamo come partire per le vacanze se nevica?

Babbo Natale, i bambini ti chiedono solo Nintendo, e le letterine le mandano con una mail:

non lo trovi un po’ triste?

Io sì, e guardo tutti questi alberoni colorati e penso che dovremmo tornare indietro,

a tanto tempo fa,

quando consumavamo meno e tu avevi meno da fare

anche se, diciamolo, non hai mai rischiato davvero la disoccupazione.

Hai scelto un lavoro sicuro, mica come quelli di Termini.

Ma non tutti hanno il posto fisso come te.

Tra l’altro ora che fno a quarant’anni siamo tutti bamboccioni

le letterine e le richieste sono aumentate parecchio, altro che crisi

 

Spero che con la tua tredicesima possa occuparti anche di chi non ti scrive e non ti chiede regali

e che fra un viaggio e un torrone

una slitta e un panettone

nel tuo sacco gigante tu metta anche un po’ di speranza:

regala a tutti i bambini del mondo un sorriso in più

e un problema in meno.

 

 

 

 

Mi chiedo cosa ne facciamo di quel bagliore d’infinito che, prima o poi, tutti ci attraversa.

 

 

Non finirò mai di stupirmi. A volte perfino chi si occupa di faccende religiose…ne sa una più del diavolo.

Ecco l’ultima novità tecnologica: il rosario elettronico della Prex.

Non so voi, ma a me vengono i brividi.

Capisco, lo so che è passato molto tempo da quando le preghiere venivano trasmesse oralmente, ma da qui al rosario elettronico ce ne vuole.

Non commuovono le spiegazioni patetiche presentate sul sito: per i vecchietti che non si spostano, per insegnare ai bambini…

I vecchietti che non si spostano pregano a casa; perbacco, mica devono recitare l’Ave Maria al passo di tarantella! E i bambini, da sempre, hanno imparato lo stesso a pregare. Serenamente. Anche senza rosari elettronici.

Mi inquieta questa tecnologia commerciale che si inventa bisogni che non abbiamo, assolutamente inutili, e li spaccia come aiuti filantropici. Che schifo.

E noi, come polli, cadiamo su tutto. Ma proprio tutto.

Giacchè ci siamo, perchè non realizziamo un prete domestico che, come nell’ologramma di Guerre Stellari, ci recita una bella messa casereccia, magari serale che la domenica mattina alzarsi è fatica?

Io in Chiesa non vado, ma se ci andassi, se la frequentassi, vorrei continuare ad andarci. Con le mie gambe. E con la mia voce.

 

 

 

 

 

 

Non sto scrivendo molto ultimamente. Lo so. Ci sono periodi strani, nella vita, in cui ci  si annida in sé stessi per osservare. Osservare quello che succede, quello che non succede, chi abbiamo intorno e chi invece manca all’appello. E si contano le guerre, i feriti, le vittorie e le tregue.

Si pensa al passato mentre il futuro poggia i gomiti sul davanzale davanti alla finestra che ancora non c’è, aperta su interrogazioni mai risolte.

E a volte, in questi periodi strani, la mia scrittura si fa piccola piccola, invisibile. Aspetta, scruta, sonnecchia, si stira, si ricompone. Non è che non sappia che dire. Solo, non vuole. Forse per pudore, per rispetto di quei vuoti che prima o poi finiamo per accogliere. E un vuoto, si sa, per essere vuoto non va riempito.

Non sono sempre negativi, i vuoti. Se non altro, perché hanno la possibilità di nuovi ingressi e riempimenti. Molti, in questi momenti, scrivono tantissimo, quasi la scrittura li salvasse dal confronto con sé; va benissimo. A me invece capita di rinunciare alle parole, perché bastano quelle che ronzano in testa.

E così, il Mulino ha taciuto per un po’. Ha rallentato. Ma un blog è un po’ come la vita: piena di salite, curve e piazze per le soste. Lui mi somiglia. Come certi cani, che assumono i tratti dei padroni. O certe case, che riflettono ogni umore dichiarato o sospeso.

Comunque, questa piccola pausa serve a una nuova partenza. E’ come un pit- stop, per verificare le ruote, l’olio e il motore.

Ma di sicuro cominciano a mancarmi, le parole scritte. Ed è allora, quando il richiamo si fa più forte, che a loro torno.